I dati sono positivi: dopo aver raggiunto circa 100 miliardi di euro nel 2021 (+16,8% vs 2020), 114 miliardi del 2022 (+6,4%) e 115,8 miliardi di euro nel 2023 (+1,5%), il fatturato della Contract Logistics in Italia promette di archiviare il 2024 con una ulteriore leggera progressione: le stime dell’Osservatorio Contract Logistics ‘Gino Marchet’ del Politecnico di Milano prevendono, infatti, una chiusura d’anno a 118 miliardi di euro (+1,8%). Ma il segno più non deve ingannare.
“Dopo un 2023 che aveva fatto registrare qualche sofferenza, l’andamento poco più che flat del 2024 dimostra che il settore fatica – afferma Damiano Frosi, Direttore dell’Osservatorio, anticipando le evidenze dell’edizione 2024 dello studio nel momento in cui scriviamo –. Se si considera, infatti, la spinta inflazionistica, il consuntivo del 2023 farebbe segnare un disavanzo del 4% circa”.
Sulla logistica insistono, del resto, non poche criticità. Sfide impegnative e non certo di facile soluzione. In primo luogo, c’è l’annosa questione della manodopera. I più recenti dati elaborati nel 2023 dall’Osservatorio dicono che all’appello mancano almeno 60.000 lavoratori, senza contare che il 75% dei fornitori di servizi logistici opera in condizioni di sottodimensionamento. Un fianco scoperto al quale si aggiunge anche un altro vulnus: la scarsa partecipazione femminile al settore, solo il 20,4% dei lavoratori è rappresentato da donne.
IL NODO DELLE RISORSE UMANE
Non è un caso, dunque, che proprio il tema delle risorse umane sia stato messo sotto la lente del Manifesto per una politica europea dei trasporti presentato da FAi-Conftrasporto, durante l’ultima edizione del Transpotec, a Milano. Il documento sottolinea l’urgenza di affrontare questioni nevralgiche per il settore, come appunto l’accesso alla professione, la formazione degli autisti, il ricambio generazionale. E propone di agire a livello normativo, riconoscendo, per esempio, i titoli di abilitazione rilasciati dai Paesi Extra-Ue, così da agevolare l’ingresso di manodopera specializzata dei Paesi terzi. Un punto che all’estero è, in realtà, già stato trattato.
“La Germania – dice Frosi – ha ben lavorato sui flussi migratori, in modo da convogliare nuove risorse umane su questo settore. E sempre in Germania ci si è concentrati anche sulla capacità di avviare verso le professioni logistiche fin dai banchi di scuola. Con risultati di tutto rispetto: si stima che diverse migliaia di studenti siano orientati a far parte del settore. L’Italia, quindi, potrebbe e dovrebbe seguire la stessa strada”.
Ma non basta. Occorre, infatti, investire complessivamente per rendere più attrattivo il comparto. “In questa direzione – nota Frosi – devono andare un maggiore impegno verso le iniziative di formazione, rivolte tanto al personale interno quanto a quello della filiera, e una crescente attenzione verso le attività extralavorative orientate al benessere dei lavoratori. Ma non si deve dimenticare neppure il ruolo di innovazione e tecnologia, fattori in grado di garantire un apprezzabile miglioramento delle condizioni lavorative”. Che la questione delle risorse umane rappresenti uno snodo per la logistica appare evidente anche se si prendono in esame i costi.