Stretti tra il moltiplicarsi di guerre e tensioni internazionali, l’aggravarsi dell’emergenza ambientale ed un’Europa che rallenta la sua crescita frenata dai problemi della Germania, chiamati a definire con una parola l’anno appena iniziato gli italiani scelgono a maggioranza (40%) il termine “preoccupazione”. Il 25% opta per “insicurezza” e il 21% chiama in causa “inquietudine”, Contemporaneamente, in nome di un atavico spirito di adattamento, c’è anche chi usa la parola “curiosità” (28%) e si spinge fino a “fiducia” (23%) e “ottimismo” (22%). Chi esprime aspettative positive per il nuovo anno raggiunge appena il 52% del totale, superando solo di misura coloro che invece guardano con tinte fosche al 2025. Tra questi ultimi in prevalenza le donne, i Baby Boomer e la “lower class”. Un clima sociale certamente più grigio, come vedremo anche sul fronte dei consumi, rispetto ad appena un anno fa quando prevalevano sentimenti di serenità e accettazione (queste le parole associate per la maggioranza al 2024). È l’istantanea degli italiani scattata dalle due survey dell’Ufficio Studi Coop condotte a dicembre 2024; la prima su un campione rappresentativo della popolazione italiana e la seconda sulla community di esperti del portale italiani.coop.
A pesare sulle percezioni illustrate nelle anticipazioni del Rapporto Coop 2025 sono sicuramente il contesto internazionale e le difficoltà economiche del sistema-Paese. Preoccupano soprattutto le guerre (81%), le tensioni geopolitiche (76%) e i cambiamenti climatici (71%). Ad alimentare la positività viceversa continuano a essere soprattutto gli affetti familiari (69%), la salute fisica (59%) e il benessere psichico (56%). In questo contesto i manager italiani intervistati ipotizzano per quest’anno un ulteriore rallentamento del Paese, che sembra nuovamente perdere il passo della già lenta economia europea. Per gli opinion leader la crescita del Pil italiano potrebbe fermarsi appena sopra lo zero (+0,5%, a fronte di una previsione Istat di +0,8%), con un’Unione Europea che per il 60% degli intervistati è destinata ad indebolirsi, mentre quasi otto manager su dieci (77%) credono che potrebbe essere necessaria l’introduzione di dazi per proteggersi dalle politiche statunitensi e cinesi.
CONSUMI: PREVALE IL TIMORE DI SPENDERE
Per la prima volta dopo molto tempo, gli italiani che ipotizzano nel 2025 una crescita dei consumi superano del 6% quelli che prevedono di diminuirli.Ma tra le categorie di consumo che raccolgono le maggiori intenzioni di acquisto si registrano soprattutto le spese obbligate; quanti pensano di spendere di più per le utenze superano del 26% quelli che sperano di pagare meno. Il saldo è “positivo” anche per le spese per la salute fisica (24%) e per il consumo domestico di cibo (21%). Tutti gli altri settori manifestano invece intenzioni di acquisto in prevalenza negative, soprattutto per ristorazione, viaggi e intrattenimento fuori casa.
Il 10% in meno delle famiglie (rispetto al 2024) immagina di non riuscire a pagare mutuo o affitto, l’8% in meno pensa di far ricorso ai risparmi e il 6% in meno di rinviare spese programmate. Ma rimangono in campo le strategie per risparmiare già sperimentate negli ultimi anni come il ricorso alle promozioni (vi farà ricorso l’88% del campione), la rinuncia al superfluo (77%) e la scelta della convenienza (75%).
Rinviati,almeno un altro anno, gli acquisti di beni durevoli (casa, auto, elettrodomestici e tecnologia) per la grande maggioranza degli italiani; in contrazione anche le intenzioni di acquisto dello smartphone, surclassato nelle intenzioni di spesa per l’acquisto di piccoli elettrodomestici.
CIBO DI CLASSE (SOCIALE)
Benessere e casa regnano sovrani quando si delineano le tendenze sul cibo; sempre più home dining e long cooking con il consumo domestico in crescita nelle intenzioni e quello fuori casa rimasto appannaggio dei più abbienti. In linea con questa tendenza, il 71% degli intervistati privilegerà piatti dalle preparazioni lunghe a discapito dell’acquisto di piatti pronti, mentre il cibo preferito sarà salutare (66%), semplice (53%) e tradizionale (51%).
Nella crescita delle intenzioni di consumo alimentare prevalgono (almeno nelle intenzioni) le diete più salubri con un maggior contenuto di verdure (31%), frutta (28%) e pesce (23%), mentre appaiono in calo i consumi programmati di salumi (33%), dolci (29%), carni rosse (29%) e bevande alcoliche (24%). Avanguardia di queste tendenze i giovani (18-25enni) che dichiarano di voler acquistare nel 2025 cibo plant-based o comunque di origine vegetale nell’85% dei casi contro il 70% degli over-26 (26-70enni). Interessati anche al senza glutine più degli altri (29% vs 46%), si lasciano tentare più spesso anche dal ready to eat (76% vs 65%). Anche a tavola pesano più che mai le differenze sociali ed economiche che si acuiscono in tutto il Paese. Se sono tutte in crescita le previsioni di spesa dell’upper class, le famiglie con redditi più contenuti si vedono costrette a immaginare qualche sacrificio sulla spesa di verdura, frutta e pesce. Nelle strategie di risparmio indicate dalle famiglie persiste il ricorso alla Mdd (il 29% ne aumenterà gli acquisti) e la frequentazione dei discount (lo farà di più il 24%).
GDO, EFFICIENZA E CAPITALE UMANO
Secondo i manager food&beverage, le imprese della filiera alimentare italiana dovranno affrontare un anno molto complesso benché caratterizzato da una crescita delle vendite a valore nel largo consumo confezionato del +1,3% rispetto al 2024. Sulle imprese potrebbe pesare il rischio di un aumento dei costi, oltre al cambiamento dei modelli dei consumi delle famiglie e, forse, anche la possibile adozione a livello internazionale di misure protezionistiche. Ai rischi si associano una serie di opportunità legate ad una migliore gestione della supply chain, alla riduzione dei costi e all’implementazione proficua dell’utilizzo della AI. Ma la vera novità del 2025 sembra essere una rinnovata attenzione al capitale umano (lo dichiara quasi un manager su due) con investimenti in formazione, miglioramento delle condizioni contrattuali e potenziamento delle politiche di welfare.
Il tutto in un contesto in cui la Gdo dovrà ancora fare i conti con un’ulteriore crescita delle tensioni competitive. I manager di settore prevedono un’ulteriore crescita del canale discount (secondo l’84% degli opinion leader), dell’e-commerce (in miglioramento per il 57%) dei drug store (meglio per il 35%) e dei superstore (33%). Per l’85% dei manager crescerà ulteriormente, già nei prossimi mesi, il prodotto a marchio. L’ipotesi è che la quota di mercato di questi prodotti aumenti, di qui ai prossimi 5/10 anni, di altri sei punti percentuali (dal 23% al 29%).
CONSUMI A DIMENSIONE PERSONALE
Gli italiani si adattano a questa nuova realtà e ripiegano su sé stessi e sul loro privato. La famiglia è così al centro dei desiderata per l’anno appena iniziato (stare di più con la famiglia è il progetto indicato dal 75% degli intervistati con un +25% rispetto all’anno precedente) e la tranquillità e l’armonia gli obiettivi da raggiungere (per il 25%), senza però dimenticare il successo e la realizzazione di sé scelti dal 16%. Per impossibilità – e in qualche caso anche per scelta – gli italiani sembrano prigionieri del loro presente, e rinunciano sì a comprare la casa o anche solo l’auto, a cambiare lavoro o città, ma anche a sposarsi e mettere al mondo un figlio. Le intenzioni di nuove unioni o nuova genitorialità sono nei programmi di solo il 6% degli intervistati e stessa percentuale per coloro che pensano di sposarsi (4% tra i 18-29enni).