
L’unico fatto certo è l’incertezza. Prima la pandemia, poi lo scoppio del conflitto russo-ucraino e quindi di quello israelo-palestinese hanno creato una fortissima instabilità sui mercati, che si è riflessa potentemente sulle bollette, mettendo sotto pressione i conti di una voce pesante nei bilanci delle aziende. E delineando un nuovo perimetro di gioco: un perimetro in cui le vecchie regole sembrano superate a favore di una permanente volatilità dei fondamentali su cui costruire le strategie, energetiche e non solo, delle aziende. Chi pensava che il passare dei mesi avrebbe portato una progressiva normalizzazione dei listini, si trova fatalmente a essere sconfessato dai numeri. Il 2025 si è, infatti, aperto con una nuova fiammata dei prezzi, in piena continuità con un triennio caratterizzato da molte risalite e qualche flessione.
“Rispetto all’anno passato – osserva Davide Tabarelli, Presidente Nomisma Energia – si registra un aumento medio compreso tra il 10 e il 20 per cento. Una forchetta ampia, che si deve alle diverse tipologie di consumo, alle differenti quantità di utilizzo e alle specificità dei contratti stipulati. Nel dettaglio, sul fronte dell’elettricità l’incremento si assesta a 4-5 centesimi in più rispetto al prezzo di riferimento di 26 centesimi per kWh. E non distante è l’andamento relativo al gas, dove il benchmark di 40 centesimi per Smc (metro cubo standard) ha visto un incremento di 5-6 centesimi”.
Le bollette hanno, dunque, puntato al rialzo, spinte dalla azione congiunta di tre fattori concomitanti. “Innanzitutto – spiega Tabarelli –, va considerata l’interruzione del contratto di transito di gas russo sul terreno ucraino, scaduto il 31 dicembre 2024. Un accordo importante, perché assicurava il passaggio di 15 milioni di metri cubi all’anno a prezzi convenienti”. All’Europa viene, quindi, a mancare una fornitura significativa che, secondo gli analisti, non può che essere rimpiazzata se non con maggiori importazioni di Gnl. Ma il gas liquefatto, che per lo più proviene da oltreoceano, ha prezzi più alti. E dunque porta a ritoccare all’in su i listini complessivi.
In secondo luogo, c’è da ricordare la questione climatica. “Le temperature più allineate alla stagione invernale rilasciate dal 2024-2025 rispetto ai due anni precedenti – nota Tabarelli – hanno fatto alzare i livelli della domanda e con essi anche i prezzi”. Un aumento (e qui sta il terzo fattore da prendere in esame) che si accompagna a una riduzione della produzione. “Il vento in Nord Europa ha soffiato con minor intensità – chiarisce Tabarelli –, portando a una flessione dell’attività delle centrali elettriche legate all’eolico attive in questa area”. Il tutto senza dimenticare l’ombra della speculazione.
Uno spettro capace nelle ultime settimane di agitare perfino una disputa in seno a Confidustria: i produttori ‘della domanda’ (tra cui Federchimica, i cementieri di Assobeton, Federacciai, Confindustria ceramica, Assocarta, Assovetro, i proprietari di fonderie di Assofond, i produttori di metalli di Assomet, più un coordinamento di piccole e medie imprese in tutt’Italia) si sono scagliati contro Elettricità Futura, cui fanno capo tutte le grandi e meno grandi imprese che producono e distribuiscono elettricità in Italia, per poco più del 40% circa del fabbisogno dal gas e per poco più di un altro 40% da rinnovabili. In buona sostanza, i consumatori industriali hanno accusato i fornitori di lucrare rendite spropositate a loro danno, a costo di spingere molte imprese al fallimento.
Il combinato disposto di questi elementi ha quindi fornito combustibile alla crescita delle bollette che, secondo l’ufficio studi della Cgia di Mestre, costeranno, per il solo gas, alle aziende italiane 3,9 miliardi di euro in più rispetto al 2024, raggiungendo complessivamente quota 19,9 miliardi di euro.
L’IMPATTO SUL F&B
Il conto, insomma, si prospetta salatissimo. E, purtroppo, non risparmierà il settore alimentare. Anzi, proprio qui promette di impattare in modo particolarmente significativo. “A differenza di altri settori – spiega Gaspare Ferraro, Managing Partner Adybo, consulente nell’energy procurement del Consorzio Italia del Gu- sto, cui fanno capo 36 brand del f&b che sviluppano un fatturato aggregato superiore a 25 miliardi di euro –, l’alimentare non può trasferire rapidamente i rincari subìti sui prezzi finali dei propri prodotti. Un nodo ingombrante, ancora più evidente per le aziende impegnate con la grande distribuzione che, muovendosi in direzione opposta, insiste per una riduzione dei prezzi sugli scaffali”.