Nel primo semestre del 2021 il fatturato di Carrefour in Italia è sceso dell’8,9% rispetto a quello dello stesso periodo del 2020. Il quale, a sua volta, era sceso del 5,3% rispetto ai ricavi del 2019. Ma se nella prima parte del 2020 il trambusto del Covid aveva impattato molto sulla catena francese, molto esposta sulle grandi superfici commerciali e nelle aree turistiche della Penisola, il ritorno verso una normalizzazione della vita sociale e delle attività avrebbe dovuto riportare un po’ di calma nei conti. Al contrario, invece, la velocità di caduta del giro d’affari è aumentata e con essa l’agitazione nei piani alti di Milano e Parigi, rispettivamente la sede italiana e mondiale del gruppo. E con essa la decisione di procedere a un altro capitolo della “trasformazione” delle attività nel nostro paese per “rafforzarne la crescita” come cita un comunicato stampa diramato lo scorso primo ottobre. Crescita che, numeri alla mano, andrebbe forse ritrovata più che rafforzata. Ma la pillola è già fin troppo amara per dover calcare eccessivamente la mano.
Aver inglobato larghi pezzi di ciò che ha lasciato la consorella francese Auchan nel suo ritiro dall’Italia non sembra aver giovato alla filiale nostrana, guidata dal settembre del 2020 dal nuovo amministratore delegato Christophe Rabatel, che ha deciso di mettere in pista per un alleggerimento e rimodulazione delle attività 12 mesi dopo il suo insediamento seguendo quelle che sono le linee guida internazionali dettate dal Ceo di gruppo Alexandre Bompart. I punti chiave sono il “consolidamento” del modello di franchising sulla rete di vendita, il “miglioramento” della competitività degli ipermercati e supermercati diretti e lo “snellimento” dell’organizzazione interna, per consolidare il modello migliorando la competitività degli ipermercati e supermercati diretti e snellendo la sua organizzazione interna. Il tutto per “tornare alla profittabilità” della filiale italiana e a una crescita duratura dopo i pesanti rossi di bilancio degli ultimi anni, dovuti anche a maxi svalutazioni di poste patrimoniali per riflettere l’effettivo andamento dell’attività. Inoltre, spiega la società, sarà previsto un taglio del personale “su base volontaria” di 770 persone, delle quali circa 600 impiegati nei punti vendita diretti e distribuiti su tutto il territorio nazionale, e circa 170 persone impiegate presso la sede centrale. Nel 2019 la società aveva trovato l’accordo con i sindacati per 580 esuberi legati alla ristrutturazione degli ipermercati, cui si aggiungono quelli di oggi.
SINDACATI: AL SUD RESTERÀ SOLO FRANCHISING
La crescita del franchising è il punto che ha destato il maggiore interesse, e contemporaneamente le maggiori critiche dei sindacati. Il piano, secondo le maggiori sigle dei lavoratori, dovrebbe prevedere nel 2022 la cessione di 106 superfici di vario tipo (82 express e 24 market) a piccoli imprenditori. Del totale 41 sono in Lombardia, 18 in Campania, 17 in Liguria, 16 nel Lazio, le quattro regioni maggiormente colpite, e poi sei in Toscana, quattro in Emilia Romagna, tre in Piemonte e uno in Abruzzo. Nessuna indicazione precisa è stata fornita su quali saranno i punti vendita destinati a uscire dal perimetro aziendale in ogni regione.
Cosa succederà, però, se Carrefour non riuscirà a traghettare tutti i 100 e passa punti di vendita al modello franchising? Saranno chiusi quelli non cedibili? Nessuna specificazione in tal senso è arrivata, probabilmente perché è ancora troppo presto. Per i sindacati, però, la trasformazione in franchising potrebbe mettere a rischio ben 1800 dipendenti solo nella rete che potrebbero perdere il posto nella fase di transizione dei pdv. Numeri ben più alti di quelli finora forniti dalla azienda e che andranno ben specificati nelle fasi di trattativa che si annunciano lunghe e dolorose.
Un altro profilo evidenziato dai sindacati è l’uscita di scena della multinazionale francese dal sud Italia: cedendo i 18 negozi presenti in Campania scomparirà non solo dalla regione ma dall’intero Mezzogiorno, ha denunciato la Fisascat della Cisl, lasciando solo il marchio senza una rappresentanza diretta. Negli anni scorsi la società francese aveva, infatti, provveduto a cedere o chiudere le tante superfici un po’ in tutto il meridione, e nel 2022 dovrebbe arrivare la ritirata finale, stando a quel che sostengono le sigle coinvolte.
Per la società una delle priorità è “la rifocalizzazione del modello organizzativo aziendale sui punti vendita e sul cliente, grazie ad una maggiore semplificazione dei processi, alla digitalizzazione e ad un’organizzazione più snella della sede centrale” dalla quale dovrebbero uscire, come detto, 170 dipendenti. L’ottimizzazione della produttività toccherà iper e super, i format maggiormente sotto pressione concorrenziale, che vedranno un “adeguamento dei concept e degli assortimenti dei negozi”.
AUCHAN: NESSUNA VENDITA A CARREFOUR
Se in Italia l’obiettivo è quello di snellire il più possibile la struttura, alzare il baricentro delle operazioni dirette più a nord e recuperare competitività che non si vede nonostante tutti gli investimenti fatti in questi anni sui punti di vendita, in Francia si guarda alle aggregazioni. Ne ha parlato qualche giorno fa il quotidiano Le Monde, che ha lanciato l’indiscrezione di una possibile integrazione tra Carrefour e Auchan. Due storici concorrenti su vari mercati mondiali – anche in Italia, prima del ritiro della seconda – che nei piani del ceo Bompart dovrebbero mettersi insieme per rafforzare la propria presenza e taglia in questo momento così intenso nel settore retail.
Lo scorso agosto dall’azionariato di Carrefour, quotata in Borsa a Parigi, è uscito mister Lvmh Bernard Arnault dopo 14 anni di investimento: aveva il 5,5% circa dei titoli tramite la società Agache che sono stati liquidati. L’azionariato è ora più frazionato e questo potrebbe ingolosire qualche concorrente come è stato a inizio anno con l’offerta da 20 miliardi di dollari proveniente dal gruppo canadese Couche-Tard, rinviata al mittente grazie anche alla ferma opposizione all’operazione da parte del ministro dell’Economia transalpino Bruno Le Maire, che aveva sbarrato la strada ai predatori. Un’integrazione con Auchan renderebbe sicuramente più difficoltoso un take over in un momento nel quale in alcune province del gruppo – non solo in Italia – si rendono necessarie ristrutturazioni.
La Mulliez, proprietaria di Auchan, ha però smentito ufficialmente la vendita della sua catena. “Possiamo discutere di alleanze o partenariati, l’abbiamo sempre fatto: ma una cosa è certa, non venderemo mai Auchan” hanno detto i vertici alla stampa francese.