CAI – Consorzi Agrari d’Italia fornisce un aggiornamento sulle quotazioni delle materie prime in base alle rilevazioni della Borsa Merci di Bologna, punto di riferimento nel nostro Paese per la contrattazione fisica dei prodotti agricoli. Andrea Pasini, dirigente settore cereali di CAI ha recentemente rilasciato a Food un’intervista – di cui riportiamo qui alcuni estratti – in cui commenta i dati alla luce del conflitto.
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GRANO TENERO E MAIS
Per la seconda settimana consecutiva si registra un deciso rialzo sulle quotazioni di mais e grano tenero. Il primo segna un +11%, passando da 297 a 330 euro a tonnellata. Il grano tenero, invece, sale di 30 euro a tonnellata rispetto alla scorsa settimana (+9,4%), oscillando tra 342 e 351 euro a tonnellata, con punte di 395 per il prodotto a più alto valore proteico. La guerra si fa sentire con le quotazioni del tenero che sono ritornate ai livelli alti di novembre”, commenta Pasini.
Dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, nel nostro Paese la quotazione di mais nelle contrattazioni è salita del 14,5%, mentre quella del grano tenero del 12 per cento. “In base ai dati di tutti gli analisti abbiamo scorte ancora per due mesi, quindi non ci dovrebbero essere grandi problemi di approvvigionamento”, aggiunge Pasini.
GRANO DURO AL RIPARO
Nell’analisi di Consorzi Agrari d’Italia, il conflitto non sta incidendo sul prezzo del grano duro che, come da previsione, resta ancora invariato, mettendo per il momento al riparo i produttori di pasta, già alle prese con la crisi climatica del Canada da cui dipende il 50% dell’import italiano di grano duro. Secondo Pasini, “Questa è l’occasione per strutturare e rafforzare la filiera, promuovendo i contratti e premiando gli agricoltori che lavorano per ottenere un grano duro dall’alto valore proteico”.
Sui prezzi al consumo, Cai sottolinea che il costo dei prodotti agricoli incide sul 10% del prezzo del prodotto finale; di conseguenza, eventuali aumenti nel breve periodo di prodotti derivanti dal grano tenero, quali pane, farine e biscotti, sarebbero dovuti principalmente al caro energia e ai rincari di trasporti, imballaggi, carburante.