Il commento di Ivo Ferrario, Direttore Relazioni esterne Centromarca, sulla posizione dell’industria di marca, rilasciato in esclusiva a Food.
“L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia avvia una fase di allarme globale in cui entrano in gioco fattori umanitari, geopolitici, sociali ed economici di cui non è prevedibile l’evoluzione. Questi elementi si sommano agli effetti della crisi sanitaria e della fiammata della domanda globale, che determinano aumenti senza precedenti nella struttura dei costi dei prodotti di largo consumo e più in generale del settore manifatturiero. Fare previsioni, purtroppo, è come cercare di leggere il futuro nelle foglie di tè.
L’istituto di analisi economiche Prometeia, già a fine 2021, stimava che i prezzi delle materie prime più utilizzate dal manifatturiero italiano fossero su livelli del 44% più elevati rispetto a gennaio 2021 e del 70% rispetto al periodo pre Covid. Ora la guerra scatenata dalla Russia in Ucraina mina ulteriormente la sostenibilità delle catene del valore e soffia sul fuoco dell’inflazione. Gli analisti stimano che il maggior costo delle materie prime importate e dell’energia potrebbe portare il tasso a superare il 6% nel 2022, determinando minori consumi delle famiglie per circa 4 miliardi di euro. I prezzi dell’energia hanno già registrato un rimbalzo, con il petrolio a +27% da inizio anno e il gas a +52 per cento. Ricordiamo che oltre il 40% del gas importato in Italia arriva dalla Russia, che è anche il primo esportatore di grano al mondo; l’Ucraina è al quarto posto.
In generale per le economie occidentali si profila una prospettiva di marcato rallentamento. È evidente, inoltre, che se inflazione crescerà dovranno aumentare i tassi per contenerla e questo significherà aumentare i tassi di emissione del debito pubblico e quindi maggiori interessi da saldare. Secondo Istat – ultimo rapporto Prezzi al consumo – l’inflazione a gennaio è stata contraddistinta da una forte accelerazione, raggiungendo un livello (+4,8%) che non si registrava da aprile 1996, quando il NIC (Indice nazionale dei prezzi al consumo) rivelò la medesima variazione tendenziale. I beni energetici regolamentati trainano questa fiammata, ma tensioni inflazionistiche crescenti si manifestano anche in altri comparti merceologici: le spese legate ad abitazione, acqua, elettricità e combustibili crescono del 22,6%, seguono i trasporti (+7,7%), servizi ricettivi e ristorazione (+4,1%). Alimentari e bevande analcoliche registrano un tasso di crescita inferiore al dato medio: +3,8 per cento.
In un contesto di straordinaria incertezza e tensioni, l’industria dei beni di consumo di marca partecipa al fondamentale sostegno umanitario della popolazione ucraina e ha come fondamentali obiettivi sia mantenere l’operatività delle strutture produttive (vitali per l’approvvigionamento dei pdv e quindi delle famiglie) sia garantire prodotti con il più corretto rapporto qualità/prezzo. Certo, il lievitare del costo delle materie prime energetiche e i rischi di discontinuità degli approvvigionamenti destano forti preoccupazioni. La debolezza energetica italiana ha due origini: la mancanza di una politica europea e la forte dipendenza del Paese per l’assenza storica di diversificazione dei fornitori e delle fonti. In uno scenario bellico come quello attuale è condivisibile la scelta del Governo di sostituire il gas russo (che vale il 40% delle forniture) aumentando l’estrazione dai nostri pozzi e riavviando le centrali a carbone.
È infatti indispensabile l’accelerazione degli interventi per garantire adeguata indipendenza energetica al Paese anche attraverso la diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Altri ambiti d’intervento su cui riflettere potrebbero essere la rimodulazione dell’Iva, i tagli alla componente fiscale dell’energia e il sostegno ai trasporti. Su questi e altri temi la filiera Lcc, nel suo insieme, sarà sicuramente attiva e propositiva rispetto al Governo e alle forze politiche.“