Si alzano i toni nella discussione fra industria e retail, chiamate alla difficile fase di rinnovo dei listini. Solo qualche giorno fa, per la precisione il 25 gennaio, Francesco Mutti, Presidente Centromarca aveva rilasciato dichiarazioni chiare e precise in merito alla richiesta di moratoria dei rialzi dei listini “formulata in più occasioni da associazioni e aziende della moderna distribuzione” – si legge in una nota della stessa associazione. Richiesta ritenuta da Centromarca non accoglibile, in quanto “determinerebbe sia turbative in un mercato che nel tempo ha migliorato la propria efficienza sia distorsioni nella concorrenza non compatibili con la normativa antitrust”.
A poche ore di distanza, arriva la replica di Giorgio Santambrogio, Amministratore Delegato Gruppo VéGé: “Circa un mese fa – scrive il manager – è stato fatto un appello alle aziende dell’industria del largo consumo, chiedendo loro la disponibilità ad avviare un confronto per frenare gli aumenti di listino. Tutto ciò al fine di dimostrare un senso di responsabilità verso le famiglie, le imprese e il Paese. Oggi, l’industria del consumo lamenta che ‘inappropriate dichiarazioni di terzi potrebbero far presumere all’opinione pubblica e ai policy maker che gli autonomi interventi delle singole industrie sui listini, siano frutto di decisioni puramente speculative’. Nulla di tutto ciò: il comparto del retail italiano desidera ancora una volta partecipare a un tavolo congiunto tecnico – anche per singolo settore – per studiare insieme le diverse concause che portano a tali aumenti di listino”.
E qui procedere a una valutazione a tutto campo: “Se, insieme, si valuta che le materie prime stanno ancora impennandosi, che i costi stanno ancora drammaticamente salendo, allora sarebbe scorretto contestare tali aumenti di listino – conclude Santambrogio –. Ma se i costi primari – ovvero quelli relativi a materie prime, noli, energia, carta -, stanno scendendo, allora rimane viva la perplessità sul fatto che al 25 gennaio si siano già ricevute oltre 470 richieste di aumenti, per oltre 16 punti nominali”.