Otto aziende italiane su 10 tra quelle che operano nel settore dei prodotti di consumo prevedono di aumentare i prezzi nel 2023, anche se quasi un manager su due teme che i rincari possano influire negativamente sulla domanda di beni e servizi. Inflazione, supply chain, cambiamento della domanda e carenza di talenti saranno, invece, le principali sfide per le aziende del settore consumer products. È quanto emerge dalla ricerca di Deloitte “Consumer Products Industry Outlook”, uno studio basato su oltre 150 aziende di prodotti di consumo a partire da alimentari e bevande.
“Il successo delle imprese del settore consumer products passa attraverso alcune delle principali sfide del contesto economico, come l’aumento dei costi o le discontinuità nella supply chain causate prima dalla pandemia e poi dalla guerra in Ucraina”, spiega Eugenio Puddu, Consumer products leader Deloitte Italia.
L’ESEMPIO DELLE AZIENDE PROFITTEVOLI
In uno scenario incerto, il miglior indicatore di successo proviene dalle organizzazioni che stanno riuscendo ad accrescere la propria profittabilità. Queste realtà non si differenziano dalla media per caratteristiche oggettive – come l’ambito operativo, la dimensione, la provenienza o la struttura di ownership – ma agiscono in modo diverso in relazione a cinque aree chiave: si allineano alle evoluzioni della domanda, si trasformano in modo creativo, colgono le opportunità per aumentare le proprie quote di mercato, migliorano la propria catena di fornitura e concretizzano il loro impegno verso gli obiettivi ESG.
IL NODO DELLA SUPPLY CHAIN
Tra le fonti di preoccupazione legate alla supply chain le realtà intervistate individuano diverse criticità, tra cui le modalità di collaborazione con i fornitori, sia nelle garanzie di consegna (57%) sia nello sviluppo delle relazioni commerciali (47%), ma anche di acquisizione di dati necessari per condurre attività di reporting per verificare la compliance a criteri di sostenibilità, normativi o di sicurezza. Anche in ragione di queste considerazioni, più di nove figure dirigenziali su 10 dichiarano di dedicare risorse per migliorare la supply chain e l’eccellenza operativa, e il 76% dichiara di avere come obiettivo la raccolta e la condivisione dei dati a beneficio di tutti gli stakeholder, dai consumatori ai partner.
E-COMMERCE E INNOVAZIONE
Adeguarsi alle nuove esigenze dei consumatori è un fattore distintivo per la quasi totalità le imprese profittevoli (93%), che pongono questa sfida in cima alle proprie priorità. All’atto pratico, queste realtà stanno investendo sul digitale per creare engagement e personalizzazione, ad esempio attraverso l’apertura o il potenziamento di canali direct-to-consumer (93%), l’innovazione di prodotto o l’analisi dei dati per identificare nuove opportunità di mercato (77%).
“In seguito al periodo più duro della pandemia abbiamo assistito a un aumento a doppia cifra su base annua del valore delle vendite nel canale e-commerce – commenta Puddu –. Per questo oggi gli sforzi di molti dei nostri clienti si stanno concentrando sull’implementazione di strategie direct-to-consumer, trasformando un canale un tempo marginale in una vera priorità”.
M&A IN CRESCITA ANCHE NEL 2023 E 2024
Per le aziende in crescita, affrontare in modo efficace l’evoluzione della domanda richiede di trasformare creativamente il proprio modello di business facendo leva, a seconda delle necessità, sull’integrazione verticale di parti della filiera d’appartenenza (68%) o su cessioni e ottimizzazione del portafoglio (66%). A ciò si aggiunge che le operazioni di fusione e acquisizione sono ancora principalmente locali, con il numero di deal tra attori nazionali che negli ultimi anni ha superato di due o tre volte quelle con controparte internazionale.
“Nel nostro Paese – commenta Puddu –, contiamo un numero limitato di investitori stranieri, ma abbiamo il potenziale per invertire questo trend: nel 2023 e 2024 ci aspettiamo di osservare maggiori investimenti da parte di aziende internazionali in imprese italiane più piccole. Ma queste realtà locali devono distinguersi in termini di prodotti, rilevanza dei brand e così via”.
AZIENDE PROFITTEVOLI PIÙ ATTENTE AGLI OBIETTIVI ESG
Secondo Deloitte le aziende profittevoli manifestano una maggiore consapevolezza in ambito sostenibilità e sono fortemente impegnate nel perseguire gli obiettivi ESG. I partecipanti alla ricerca si sono dimostrati più propensi della media a investire per migliorare la propria attività di reporting ESG (83%) o su temi come diversity, equity, e inclusion (75%), oltre a sviluppare e partecipare a modelli di economia circolare (68%).
Inoltre, mai come in questo momento l’attenzione verso le tematiche di sostenibilità è diventata prioritaria anche per le aziende italiane. “Con le novità normative che entreranno in vigore a partire dal 2024, sia a livello nazionale che europeo, per le imprese diverrà obbligatorio divulgare informazioni sul proprio impatto sociale e ambientale. In previsione di ciò, oltre che in risposta alle richieste dei consumatori di maggiore trasparenza, molte aziende italiane hanno già intrapreso un percorso che va in questa direzione, fornendo volontariamente tali informazioni”, conclude Puddu.