Andare oltre, scendere in profondità, è sempre la strada migliore da perseguire per conoscere a fondo una situazione o un settore, perché i numeri sintetizzano i risultati, ma dietro ogni dato ci sono persone, progetti, conoscenze, anni di esperienza. È questo il valore e il senso del press tour organizzato da Ancit-Associazione nazionale conservieri ittici, a cui Food ha preso parte.
Attraverso la visita allo stabilimento produttivo di Bolton Food a Cermerate (Co) e di Generale Conserve ad Olbia, il 23 e 24 maggio, l’associazione ha voluto raccontare il lavoro che c’è dietro quella che per tutti è una ‘semplice scatoletta di tonno’: lo studio, la ricerca, il saper fare e il know how che, in alcuni casi, si tramandano di generazione in generazione, e che rappresentano un vero e proprio valore, nonché un patrimonio culturale del nostro Paese, secondo produttore europeo di tonno in scatola dopo la Spagna. Due giorni di full immersion nella filiera del tonno, per scoprire dinamiche, processi e linee di produzione, ma anche di confronto sui temi più attuali, in primis l’inflazione, e sulle possibili strade da percorrere per valorizzare la filiera.
IL RETAIL “TIENE BOTTA”
Partiamo dai numeri. Secondo le elaborazioni di Ancit, l’industria del tonno in scatola nel 2022 ha registrato una produzione nazionale di 77.411 tonnellate, in flessione del -7,70% sul 2021 e il volume del prodotto totale disponibile per il mercato italiano è sceso a 150.660 tonnellate (-5% sul 2021), pari a circa 2,55 kg di consumo pro capite.
I consumi nel canale retail (Gdo + discount) hanno sostanzialmente tenuto, a fronte di un valore totale di mercato, che include tutti i canali, di circa 1.550 milioni di euro (+11,91% sul 2021) per un settore che conta circa 1.500 addetti. Le importazioni sono cresciute a 100.613 tonnellate (+7,86%).
Analizzando in generale il comparto conserviero ittico che, oltre al tonno in scatola, comprende anche le altre conserve, quali sgombri, acciughe, sardine, si stima un fatturato 2022 di circa 1.875 milioni di euro (+5,33% sul 2021).
FORTI RINCARI PER OLIO E ALLUMINIO
Anche se nel canale retail non si sono registrati cali, per lo meno a valore, non sono mancate le difficoltà determinate dall’incalzante inflazione. Pur non essendo un settore particolarmente energivoro, il mondo conserviero ittico ha risentito molto dell’aumento dei prezzi di tutte le materie prime: dal pesce all’olio fino ai materiali di imballaggio. In particolare, in un anno, il costo dell’olio di oliva è più che raddoppiato, passando dai circa 2,50 euro/kg all’oscillazione tra i 6-9 euro/kg (fonte: Ismea, quotazione del 16 maggio 2023) e il futuro potrebbe essere ancora più incerto date le previsioni per il prossimo raccolto, che si prospetta in diminuzione a causa della forte siccità.
Anche per l’alluminio vale lo stesso discorso: il prezzo è incrementato del 98% in un anno e per un materiale che può arrivare a costituire il 30% del prodotto finito (ha un peso di 24,5 g in una lattina da 80 g), va da sé che il suo prezzo incide notevolmente sul costo di produzione. L’unico vantaggio in questa parte della filiera è la possibilità di stabilire contratti quadro con le aziende produttrici e di lavorare con prezzi fissi durante l’anno. La forte incertezza, però, è legata al costo della principale materia prima, il tonno, per cui non esistono accordi di filiera e il cui prezzo è determinato dalla disponibilità del pesce.
“A volte – spiega Simone Legnani, Presidente Ancit – ci sono aree in cui, in certi periodi dell’anno, il tonno c’è ma non si riesce a pescare. Il tonno è un pesce alla fine della catena alimentare, che si nutre di gamberetti, sardine, acciughe, quindi segue questi pesci, che si spostano più verso il fondo, dove l’acqua è più fredda, per effetto dei cambiamenti climatici. Le navi, pur individuando la loro presenza, non riescono a pescarle perché le reti di cui sono provviste non riescono ad arrivare così in profondità. Questo, naturalmente, ha forti influenze sul prezzo, senza dimenticare che una nave per stare via 40 giorni ha bisogno di un rifornimento di gasolio pari a circa 1 milione di euro”.
Agli aumenti dei prezzi e alle difficoltà legata alla pesca, per l’export si aggiungono anche decisioni di alcuni paesi stranieri sui dazi, che determinano difficoltà nelle esportazioni per le aziende italiane.
GUARDARE CON PIÙ INTERESSE ALL’EXPORT
Tornando ai numeri, ma guardando oltre i confini nazionali, nel 2022 le esportazioni hanno raggiunto le 31.824 tonnellate, in calo del -4,47% rispetto al 2021. I principali paesi verso cui si dirige il tonno in scatola made in Italy sono Germania e Grecia nell’Unione Europea, mentre Canada, Arabia Saudita ed Emirati Arabi sono i principali consumatori di tonno italiano tra i paesi terzi. Tra i paesi che nel 2022 hanno visto un forte arretramento dei consumi ci sono gli Stati Uniti (da 206.471 kg del 2021 ai 142.713 kg del 2022, fonte: elaborazione Ancit su dati Istat). Un decremento determinato anche dalla politica dei dazi attuata dal paese.
Nonostante alcune difficoltà, però, l’estero, può essere una via di sbocco e di crescita per un prodotto così importante del made in Italy. A sottolinearlo è Giorgio Rimoldi, Direttore Ancit: “Anche se la materia prima non è italiana, il processo di lavorazione del tonno e il nostro know how ci contraddistinguono e determinano la qualità che ci differenzia dagli altri paesi. Il tonno in scatola è un’eccellenza italiana e dobbiamo lavorare per valorizzarla anche all’estero. È questa la consapevolezza che dobbiamo avere per far crescere il settore anche oltreconfine”.
IDENTITÀ STORICA E TANTE “QUOTE ROSA”
Durante il press tour, il Presidente Ancit Legnani ha sottolineato anche un altro aspetto. Ancit è la più piccola delle 13 associazioni di Federalimentare, ma ha una forte identità storica. Ci sono infatti in Italia aziende conserviere ittiche in cui il saper fare manuale ha un valore ancora importante, sebbene, naturalmente, negli anni sia stato fortemente integrato con la tecnologia per azzerare gli errori e gli sprechi, massimizzare l’uso della materia prima, garantire massimi livelli qualitativi e alti standard igienico-sanitari.
Anche se l’innovazione ha fatto passi da gigante, in tutti i processi, anche i più automatizzati, è l’elemento umano a essere insostituibile per controllare un sistema di produzione sempre più complesso e sono tante le professionalità che concorrono al successo della scatoletta di tonno, in particolare le donne. Sono le donne a pulire manualmente i tranci di tonno e a inserire manualmente i filetti nei vasetti di vetro che poi il consumatore acquista a scaffale. Un saper fare tramandato di generazione in generazione che ha permesso anche un’evoluzione di queste figure professionali, che oggi rappresentano una buona percentuale di impiegate nel settore e ricoprono anche ruoli di responsabilità.
RICHIESTA AIUTI AL GOVERNO
L’obiettivo resta quello di preservare la qualità, ma allo stesso tempo il settore conserviero chiede al Governo e all’Unione Europea le stesse tutele e gli aiuti economici di cui beneficiano le altre imprese, perché al momento il settore della trasformazione e della conservazione ittica è l’unico ad avere gli stessi massimali di aiuti della produzione primaria.
“Ci stiamo muovendo anche a livello europeo per superare certi retaggi storici – afferma Rimoldi –. L’Europa ha sempre considerato interconnesso il mondo della pesca con le aziende di trasformazione, ma si tratta di realtà distinte con esigenze diverse. Riconoscere un aiuto di stato rispetto all’esplosione di costi registrata per i costi produttivi permette ai prodotti realizzati dalle imprese conserviere ittiche di essere concorrenti a scaffale con le altre referenze”.
OBIETTIVO: CONTINUARE A GARANTIRE LA QUALITÀ
Nonostante le difficoltà, restano però chiare le volontà del settore: preservare la qualità del prodotto, un alimento accessibile a tutti, versatile, pratico, dal ricco profilo nutrizionale, preziosa fonte proteica (25,2 grammi per 100 g di prodotto sgocciolato). “Nonostante tutto – sottolinea il Presidente Legnani – il nostro impegno sarà quello di continuare a garantire al consumatore la sicurezza alimentare, la qualità, l’eccellenza e gli stessi standard alti per cui tonno in scatola e conserve ittiche sono fortemente apprezzati anche in momenti di difficoltà”.
“Il tonno in scatola non è una commodity. Tutte le aziende italiane lavorano costantemente sulla qualità – afferma Giambattista Valsecchi, Vicepresidente Ancit –. Qualità presente anche nei prodotti mainstream, garantita dal saper fare dell’industria italiana. Ora, la sfida più grande del settore sarà quella di riuscire a trasformare e valorizzare la più alta percentuale di materia prima per azzerare al 100% gli sprechi e ottimizzare i costi”.