Il riso italiano copre storicamente quasi il 60% della produzione europea e verso la Ue sono destinate la maggior parte delle esportazioni, che pesano a loro volta per circa il 60% della produzione. Ma il calo delle superfici coltivate, il cambiamento climatico, la minor redditività e l’apertura all’import dai paesi del Sudest asiatico rischiano di erodere la leadership (per ora ancora salda) del made in Italy.
La campagna in corso è ancora condizionata dalla siccità del 2022 e dalla tempesta che la guerra in Ucraina ha scatenato nel mercato delle commodity agricole. Ma le piogge delle scorse settimane e l’equilibrio che sembra essere tornato sui mercati lasciano spazio ad un moderato ottimismo per il futuro prossimo.
PREOCCUPAZIONE PER PREZZI E SCORTE
Intanto, però si continuano a registrare cali di prezzo per quasi tutte le voci quotate a listino. La domanda continua a mostrarsi disinteressata all’acquisto di qualsiasi varietà di risone proposta. L’offerta al contrario è ormai pressante, preoccupata dall’avvicinarsi del prossimo raccolto e con più merce del solito a magazzino considerando il momento dell’anno. Appare ormai chiaro come questo forte squilibrio traini il crollo delle valutazioni. Tali prezzi in alcuni casi sono addirittura maggiori rispetto a quanto pagato nella realtà dalle riserie per partite che i risicoltori fanno di tutto per vendere.
È noto poi che l’arrivo delle alte temperature rende più difficile la conservazione del prodotto a magazzino, a ormai nove mesi dalla trebbiatura, causando spese per i trattamenti delle derrate. Nella maggioranza delle aziende, inoltre, gli agricoltori hanno necessità di fare spazio per i nuovi raccolti. Questi fattori, uniti alla preoccupazione per i continui cali, mettono ansia di vendere.
PUNTARE SULLA QUALITÀ
Per arginare le minacce dell’import dall’Asia e i trend negativi occorre puntare sulla forza delle qualità tipiche (da risotto) e sulla selezione e valorizzazione di varietà (nuove o già esistenti) che abbiano maggior qualità e ricchezza dal punto di vista nutrizionale.
L’ultima ricerca presentata dall’Ente Nazionale Risi e condotta da Università di Pavia e Politecnico di Torino promuove alcune tipologie di riso anche dal punto di vista dell’indice glicemico, dimostrando come il riso possa essere adatto anche nella dieta di soggetti diabetici. L’altro importante filone di ricerca reso di grande attualità dall’emergenza del cambiamento climatico è quello sulle varietà che resistono meglio alla siccità.
IL PESO DELL’IMPORT DALL’ESTERO
Secondo Coldiretti nel 2022 il riso asiatico arrivato in Italia è aumentato del +86 per cento. Non bisogna dimenticare che ciò dipende in primo luogo dall’abolizione dei dazi europei a inizio 2022, e non di un trend consolidato. Tuttavia, solo l’import in tutta l’Ue da Myanmar e Cambogia delle varietà Japonica e Indica è aumentato di oltre il +30%, a quota 292.000 tonnellate, e si arriverà presumibilmente a 500.000, una quantità paragonabile a quella che l’Italia esporta verso i paesi Ue. Con la differenza che dall’Italia arrivano anche le qualità da risotto (l’unica tipologia non prodotta nella Penisola è il Basmati). Su questo fronte una buona notizia arriva dallo stop Ue di pochi giorni fa all’innalzamento del limite dei residui di triciclazolo nel riso importato: un pesticida vietato in Europa ma molto utilizzato in Asia.
“Se manca il riso il consumo europeo si sostiene con quello d’importazione – commenta Mario Francese, Presidente Airi (Associazione industrie risiere italiane) – e non c’è dubbio che dobbiamo continuare a puntare e specializzarci sulle nostre produzioni tipiche. L’ultimo anno è stato eccezionale; abbiamo vissuto un mix di fattori penalizzanti, dalla siccità all’aumento dei costi energetici e dei fertilizzanti. Ora però la situazione è migliorata e la campagna potrà tornare ae una situazione di maggiore equilibrio tra domanda e offerta. Il che dovrebbe riportare in basso i prezzi della materia prima e quelli al consumo”.