Ormai l’allerta è massima per gli allevatori, con 24 focolai di peste suina nelle aziende del Nord Italia – 18 in Lombardia, cinque in Piemonte e uno in Emilia-Romagna – e oltre 50.000 capi già abbattuti. Adesso, con il lockdown per le stalle nelle regioni coinvolte disposto dall’ultima ordinanza, “bisogna stringere i tempi sulle azioni di contenimento dei cinghiali, ma soprattutto sugli indennizzi per le imprese colpite dai danni diretti e indiretti”. Queste le istanze che Cia-Agricoltori Italiani metterà sul tavolo nell’incontro con il nuovo Commissario straordinario per la peste suina (Psa), Giovanni Filippini, che si terrà il 4 settembre nella sede nazionale della confederazione.
“Siamo preoccupati per l’escalation della peste suina”, dichiara il Presidente di Cia, Cristiano Fini. “In vista dell’incontro con Filippini abbiamo tenuto una riunione in videoconferenza con i nostri allevatori. Quello che ci chiedono, prima di tutto, è la garanzia di ristori adeguati e rapidi per sopravvivere all’emergenza, tra mancata produzione e blocco sanitario, oltre ad uno stop degli oneri contributivi e previdenziali. Occorre poi aumentare le risorse per le misure di prevenzione e accelerare gli abbattimenti per bloccare la circolazione del virus e fermare i contagi, partendo dalle zone cuscinetto”.
Secondo Fini “è in gioco il futuro di 26.000 allevamenti suinicoli in tutta Italia. La Psa rischia veramente di annientare un settore chiave del nostro agroalimentare, che genera oltre 13 miliardi di euro tra produzione e industria”.
A RISCHIO, L’EXPORT EXTRA UE
Anche Rudy Milani, Presidente nazionale dei suinicoltori di Confagricoltura, è netto: “Siamo proprio sull’orlo di un disastro, siamo sul limite di un baratro. Saranno 15-20 anni che lamentiamo che una fauna selvatica fuori controllo è un grossissimo problema, oggi stiamo raccogliendo i frutti del non essere stati ascoltati. La peste suina è un problema squisitamente commerciale, è un problema di relazioni commerciali tra l’Italia e il resto del mondo. La presenza del virus della peste sul territorio italiano non mette a rischio il consumo, non è un problema per la salute. Ma questo virus può essere trasportato attraverso la carne in paesi esteri dove il virus della peste non c’è. Quindi, da quando il virus è presente in Italia l’esportazione di carne suina verso la Cina, il Giappone, l’Asia in generale e alcuni paesi dell’America è stata bloccata creando un danno all’export. Danno che secondo stime di Assica può essere valutato tra i 20 e i 30 milioni di euro al mese. Poiché la peste è arrivata in Italia a gennaio 2022, finora abbiamo accumulato più di mezzo miliardo di danno all’export”.