Alle soglie dell’autunno lo scenario economico e geopolitico è sempre più complesso e l’industria di marca si trova ad affrontare sfide vecchie e nuove, dalla competitività all’inflazione, dalla transizione ecologica a quella digitale, dall’innovazione alla legalità. Centromarca richiama l’attenzione sulle tematiche aperte che coinvolgono il largo consumo, sollecitando interventi strutturali di politica industriale. Per questo il prossimo 24 ottobre sarà presentato a Roma uno studio sull’impatto economico sociale e ambientale dell’industria di marca sul sistema paese.
“L’obiettivo è sottolineare alle istituzioni e ai media il ruolo strategico dell’industria di marca – spiega a Food Vittorio Cino, Direttore generale Centromarca –. Già nel corso della nostra assemblea lo scorso giugno abbiamo voluto puntare i riflettori sulle problematiche che frenano lo sviluppo delle imprese del largo consumo in Italia di cui l’associazione si fa portavoce. È necessario che ne prenda piena coscienza la parte politica per agire congiuntamente e si favorisca la competitività di una parte importante del tessuto industriale italiano”.
Partiamo dalla fine, ritiene che non sia sufficientemente riconosciuto il valore del Lcc in Italia?
Non abbastanza. Troppo spesso i prodotti di prima necessità sono dati per scontati e non si riconosce la giusta rilevanza strategica al largo consumo. Dobbiamo essere più bravi a comunicare, raccontare meglio il valore aggiunto del settore, continuando a innovare e a creare prodotti con un buon rapporto qualità prezzo, difendendo il posizionamento dei brand e la loro reputazione. D’altra parte, è necessario operare in un contesto che non limiti lo sviluppo.
Nell’ultimo periodo inflazione e costi di produzione hanno compresso i margini delle imprese. Qual è la situazione e quali le vie d’uscita?
L’inflazione è ancora presente, seppure la situazione sia diversa dai picchi del biennio scorso, quando le aziende di marca hanno operato per contenere gran parte dell’aumento dei costi, pari mediamente al 55% che solo in minima parte è stato trasferito al consumatore. In questa situazione, l’Idm ha continuato a investire, destinando il 6% delle entrate alla r&s. Il 63% delle aziende ha potenziato gli investimenti in tecnologie digitali e oltre il 70% ha aumentato le risorse destinate alla sostenibilità. La permanenza delle crisi geopolitiche internazionali continuerà a generare tensioni sui prezzi. Per contenerli sarà determinante lavorare sull’efficienza della filiera, ancora troppo lunga e articolata. Gli interventi prioritari riguardano la logistica, la digitalizzazione e la semplificazione amministrativa, tre aree che potrebbero portare a buoni risultati, presupponendo una stretta collaborazione tra i soggetti coinvolti. Alla politica non chiediamo aiuti in termini economici, ma semplificazione dei processi.