Nonostante il contesto geopolitico resti incerto, secondo uno studio di Cerved nel prossimo biennio le imprese italiane dovrebbero registrare una ripresa dei fatturati in termini reali (+1,2% nel 2025 e +1,4% nel 2026, portando così la crescita a +1,7% rispetto al 2023) grazie alla ripresa delle esportazioni e dei consumi interni, al contrario del 2024 che ha visto decelerare il sistema produttivo e flettere i ricavi (-0,9%), soprattutto nel sistema moda e nell’automotive.
L’inversione di rotta si deve al rafforzarsi dei redditi delle famiglie, al rallentamento dell’inflazione e al percorso espansivo della politica monetaria europea. Nota dolente, l’incertezza della politica commerciale degli Usa verso l’Europa, che potrebbe minacciare alcuni prodotti del Made in Italy come acqua minerale, olio extravergine di oliva e Prosecco che hanno come primo paese importatore proprio gli Stati Uniti. È quanto emerge dal più recente Cerved Industry Forecast, lo studio di Cerved che, su dati di dicembre 2024, analizza l’evoluzione dei ricavi delle imprese italiane fino al 2026, soffermandosi sulle differenze a livello settoriale.
ESPORTAZIONI E CONSUMI
“La ripartenza di esportazioni e consumi porterà nel prossimo biennio ad un incremento di fatturato delle imprese italiane del +1,2% nel 2025 e +1,4% nel 2026”, commenta Carlo Purassanta, Presidente esecutivo Cerved. “Tuttavia, fattori come i dazi Usa, le decisioni di politica monetaria e un inasprimento delle tensioni internazionali potrebbero frenare la tendenza positiva”.
Il modello di previsione prende in esame l’andamento di variabili macroeconomiche e geo-settoriali. Due gli scenari proposti: quello base, il più probabile, che nonostante l’incertezza geopolitica vede una stabilizzazione dell’inflazione, un impulso positivo dai fondi del Pnrr destinati alle infrastrutture e la prosecuzione dell’allentamento della politica restrittiva della Bce; e quello peggiorativo, che considera un’eventuale escalation del conflitto in Medio Oriente ed un nuovo acuirsi delle tensioni sui mercati energetici, con effetti negativi su politica monetaria, investimenti e consumi.
ANDAMENTO 2024 E PREVISIONI SUI RICAVI 2025-2026
In base alle previsioni, dopo il rimbalzo post-pandemico nel 2024 i ricavi delle imprese italiane hanno subito una flessione pari a -0,9% in termini reali (deflazionati) e -2,2% in termini nominali: un divario che testimonia la volontà delle aziende di sacrificare gli aumenti di prezzo per mantenere i volumi. A livello di comparti, ha tenuto il settore dei servizi mentre hanno sofferto tutti gli altri, tranne l’agroalimentare.
Nel prossimo biennio si prevede – nello scenario base e più accreditato – un generalizzato recupero dei fatturati in termini reali (+1,2% nel 2025 e +1,4% nel 2026, portando così a +1,7% il confronto tra 2026 e 2023), grazie alla ripresa delle esportazioni e dei consumi interna. Nell’eventualità più remota che si presentasse invece lo scenario più pessimistico, con l’estensione dei conflitti in corso e una nuova fiammata inflazionistica, i fatturati reali potrebbero subire un’ulteriore contrazione pari a -1,1% nel 2025 e a -0,5% nel 2026, portando il calo dell’ultimo triennio al -2,5%.
GLI ANDAMENTI DEI FATTURATI REALI NEI PRINCIPALI SETTORI
Nello scenario base, le migliori performance dovrebbero riguardare informazione e comunicazione (+5,01% nel 2024, +3,85% nel 2025 e +3,57% nel 2026, portando la crescita dal 2023 a +12,95%), servizi non finanziari, in particolare turismo e ristorazione (+3,61%, +2,90%, +2,41%, con una variazione di +9,17% nel triennio), chimica e farmaceutica (+6,58% nel periodo 2023-2026), aziende agricole (+5,67%) e beni di largo consumo (+5,12%). In lieve ripresa distribuzione, logistica e trasporti, anche grazie alla crescita strutturale delle vendite online.
LE RICADUTE SUL MADE IN ITALY DEI POSSIBILI DAZI USA
Gli Stati Uniti sono il secondo partner commerciale dell’Italia dopo la Germania, avendo superato la Francia nell’ultimo biennio, dunque eventuali dazi imposti dalla nuova amministrazione statunitense verso i prodotti europei potrebbero seriamente minacciare alcuni settori con una forte vocazione alle esportazioni. Secondo l’analisi di Cerved, tra i comparti più colpiti ci sarebbero i mezzi di trasporto (che dirigono negli Usa il 17,9% del loro export), la chimica e farmaceutica (13,8%), l’elettromeccanica (11,7%), i prodotti del largo consumo (12,9%), del sistema moda (9,8%) e del sistema casa (9,1%).
Scendendo a livello di settori, ve ne sono ben 20 per i quali gli Usa rappresentano una quota davvero significativa delle esportazioni totali: cinque mandano oltreoceano un quarto o più del loro export (sistemi di difesa, acqua minerale e bevande analcoliche, aeromobili, marmo, oli e grassi), quattro settori oltre un quinto (cantieristica, occhialeria, vino, macchine movimento terra), gli altri 11 oltre un sesto. Per acqua minerale e bevande, oli e grassi e vino (prosecco) gli Usa sono i primi importatori.
L’ACCORDO COMMERCIALE UE-MERCOSUR
A dicembre è stato firmato l’accordo commerciale tra i paesi Ue e quelli del blocco Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay), che una volta ratificato dovrebbe portare all’eliminazione del 90% dei dazi sulle merci scambiate. L’Italia ha una bilancia commerciale positiva, pari a 856 milioni di euro, con questi paesi: nei primi nove mesi del 2024 ha importato 4,6 miliardi di euro di merci e ne ha esportate per 5,6 miliardi. Il primo partner è il Brasile, seguito dall’Argentina. Tuttavia, il Mercosur pesa per poco più dell’1% sugli interscambi dell’Italia: i principali prodotti importati riguardano materie prime agricole (pasta carta, caffè, cacao, semi oleosi e olio di semi, carni bovine e pelli bovine) e marmo (dal Brasile); quelli esportati sono materie prime farmaceutiche e farmaci, macchine, prodotti chimici e componenti auto.