Nei primi nove mesi del 2012, le vendite complessive dei surgelati mantengono sostanzialmente le proprie posizioni (-0,5% a volume rispetto allo stesso periodo del 2011), secondo i dati elaborati da Iias-Istituto italiano alimenti surgelati (clicca qui).
Alcuni comparti continuano ad avanzare, sia pure con cautela: meglio di tutti, in particolare, pizze e snack (+3,5% a volume), patate (+1,4%) e ittico (+1,2%).
Nei vegetali il dato interessante riguarda i preparati (+4,7%), ai quali i consumatori italiani riconoscono un valore oggettivo che prescinde dal prezzo, anche perché in molti casi identificano tali referenze come una vera e propria pietanza anziché quale un semplice contorno.
Il comparto ittico sta offrendo buone performance (+1,2% globale), a riprova del fatto che anche in un difficile momento economico le famiglie italiane non rinunciano al pesce e mantengono assoluta fiducia verso l’offerta di quello surgelato. Il dato delle vendite di pesce naturale (+3,4%) segnala poi una nuova tendenza: seppur con difficoltà più o meno marcate, molte fasce di consumatori acquistano prodotti base (leggermente più economici) che personalizzano/valorizzano in ambito domestico.
Il comparto delle pizze e snacks, con +3,5%, testimonia ormai di un consumo tutt’altro che emergenziale: in evidenza c’è il segmento delle pizze grandi con +3,8%, ma anche le tipologie catalogabili sotto la voce “pizzette” regalano buone soddisfazioni ai produttori (+2,4%).
Tra le patate (+1,4%), il trend dei consumi premia soprattutto le “french fries” tradizionali, con +2,1 per cento.
Il 2012 ha inoltre avuto andamenti climatici anomali (temperature elevate fuori stagione) che hanno penalizzato un settore particolarmente legato a questi fattori quale quello dei surgelati. “In Italia – ricorda Vittorio Gagliardi, presidente di Iias – il consumo pro capite di prodotti surgelati è tra i più bassi d’Europa, con 14 kg circa: le potenzialità di crescita restano ancora piuttosto elevate, benché nel nostro Paese l’offerta globale del fresco sia sicuramente molto più alta di quella dei Paesi nordeuropei”.