Le aperture festive continuano a dividere. Contrari da sempre alla totale liberalizzazione sono i sindacati: proprio in queste settimane è in corso la campagna ‘La festa non si vende’, realizzata da Filcams Cgil per sensibilizzare istituzioni e consumatori per arrivare a una regolamentazione degli orari commerciali nei giorni di festa. Partita da Roma il 16 febbraio, la campagna farà tappa in varie città per concludersi il 30 aprile a Firenze, dove l’attenzione sul tema è alta, con il Comune su posizioni vicine a quelle dei commercianti e di Federdistribuzione, mentre la Regione Toscana appare più incline a esaudire le richieste di sindacati e mondo cattolico. Il motivo del contendere è la legge regionale sul commercio annunciata dal governatore Enrico Rossi, che dovrebbe sancire la chiusura dei negozi a Natale, Santo Stefano, Pasqua e Pasquetta, il 25 aprile e il primo maggio. Due festività in meno rispetto a quelle previste dall’art. 80 della legge n. 28 del 7 febbraio 2005 attualmente in vigore, che elenca anche il primo gennaio e il 15 agosto. Ma la vera novità sarebbe l’eliminazione della possibilità da parte dei Comuni di concedere deroghe, come quella che il sindaco fiorentino Matteo Renzi ha firmato nel 2010 in occasione del primo maggio e che verrà replicata quest’anno consentendo ai negozi di restare aperti. Il progetto legislativo voluto da Rossi non è ancora approdato in giunta e successivamente dovrà passare al vaglio delle commissioni competenti e infine in consiglio regionale, quindi i tempi si preannunciano lunghi (si parla di 8-12 mesi). Il Comune di Firenze è però già passato al contrattacco: il vicesindaco Dario Sardella proporrà alla consulta del commercio dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) toscana di richiedere un parere all’Antitrust.
A Firenze è polemica sulle chiusure festive
© Riproduzione riservata