La Pasqua non basta. Il periodo delle vendite pasquali, nell’ultima settimana di marzo, non è bastato a rilanciare i consumi grocery in gdo tra gennaio e marzo. Secondo le elaborazioni Centromarca, su dati Iri, alla fine del primo trimestre 2013 gli acquisti di prodotti alimentari, per la cura della casa e della persona hanno registrato appena un +0,3% a valore. La festività ha sostenuto solo temporaneamente le vendite della drogheria alimentare (+3,5%) e dell’ortofrutta (+4,1%), senza modificare i trend negativi di fresco (-0,5%), cura persona (-5,7%) e cura casa (-6,9%). La crescente pressione promozionale, pur avendo toccato il 30% dei prodotti acquistati, non frena il calo della domanda a parità di punti vendita, che interessa tutto il territorio nazionale e le formule distributive a libero servizio: -1,4% l’ipermercato, -0,2% il supermercato, -2,4% la superette. Solo il discount mantiene un trend positivo, attestandosi su un +4,6 per cento.
“Considerando un’inflazione del settore dell’1,8% circa, il quadro complessivo delle vendite resta fortemente negativo per le imprese – sottolinea Luigi Bordoni, presidente di Centromarca – La Pasqua, anticipata rispetto al 2012, ha permesso di chiudere marzo con un segno positivo puramente nominale: le previsioni per aprile restano negative. Non potrebbe essere diversamente se consideriamo che i problemi di fondo delle famiglie sono sempre gli stessi: riduzione del potere d’acquisto, elevati costi dei settori non liberalizzati, tassazione elevata, aspettative decrescenti per il futuro… Il quadro è aggravato dall’incertezza politica e dalla mancanza di risolutivi interventi di politica economica a sostegno della domanda e delle imprese”.
Per Bordoni, l’aumento di un punto dell’aliquota iva del 21%, previsto per il mese di luglio, va scongiurato: “Abbiamo inoltrato alle forze politiche e alle associazioni dei consumatori un documento, elaborato con il supporto di Ref Ricerche, in cui la nostra posizione è illustrata chiaramente e sostenuta da cifre incontrovertibili. Crediamo serva un’azione di contrasto determinata e condivisa sia rispetto a questo provvedimento sia alla ricorrente tentazione di aumentare anche le aliquote del 4% e del 10%”.
Centromarca denuncia, inoltre, il tentativo in atto di affossare l’articolo 62 del decreto liberalizzazioni (convertito in legge il 24 marzo 2012), che impone tempi certi di pagamento nella filiera alimentare (30 giorni per il deperibile e 60 per il non deperibile). “La norma – rileva Bordoni – ha consentito al 55% delle imprese di migliorare la liquidità complessiva a parità di volume d’affari, aiutandole ad operare anche in questa fase di stagnazione della domanda, contraddistinta da rischi di insolvenza nei rapporti tra imprese e da notevoli difficoltà nell’accesso al credito bancario”. L’industria, e in generale tutte le imprese della filiera alimentare, ha lavorato un anno e sostenuto costi ingenti per adeguarsi, intervenendo su sistemi informativi, documenti amministrativi, rivedendo le relazioni con i clienti e la contrattualistica. “Ora – conclude Bordoni – non si può sostenere, e mi riferisco al ministero dello Sviluppo economico e alla Confindustria, che una legge del 2012 è stata soppiantata da una direttiva del 2011″. Centromarca segnala inoltre che il 97% delle aziende associate non condivide la posizione assunta da Confindustria, “che invece di tutelare le imprese che si sono adeguate alla legge interviene a favore di quelle che non lo hanno fatto”.
Centromarca, vendite 1° trimestre 2013: +0,3% a valore
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