Quale può essere l’apporto del sistema del largo consumo per far uscire dalla stagnazione l’economia italiana? Su questo grande interrogativo si è incentrato il convegno di Indicod-Ecr. “Tornare a crescere: il contributo del largo consumo”, svoltosi il 21 marzo a Milano, nel corso dei quali sono stati presentati i risultati di una ricerca commissionata a The Boston Consulting Group da Indicod-Ecr e dell’osservatorio Cermes-Federdistribuzione sulle liberalizzazioni in Italia.
L’indagine, tra l’altro, mira a definire gli ambiti strategici d’intervento e le modalità con cui rilanciare i consumi grocery. Sarebbero tre i pilastri su cui poggiare una credibile politica di ripresa dello sviluppo: il sostegno diretto ai consumi per le famiglie a basso reddito con figli, il rilancio dell’occupazione femminile, nonché un nuovo programma di liberalizzazioni settoriali e di modernizzazione della rete distributiva.
Attualmente, il largo consumo incide per il 4% sul prodotto interno lordo italiano. E il 20% è la quota di spesa di ogni famiglia italiana per l’acquisto di prodotti alimentari, cura casa e cura persona. Oltre 800mila persone lavorano nel largo consumo, di cui il 52% donne, impegnate in 30mila punti vendita della distribuzione moderna e oltre 35mila imprese produttrici, con una scelta tra migliaia di prodotti e marche.
“In questo momento d’incertezza e di attesa della ripresa economica – ha dichiarato Giuseppe Brambilla di Civesio, presidente di Indicod-Ecr e ad di Carrefour Italia – le imprese del largo consumo suggeriscono alcune azioni che potrebbero stimolare la crescita dei consumi”.
Nel 2009, del resto, si è registrata una contrazione dei consumi in valore assoluto del –2,2%, a cui nel 2010 è seguita solo una leggera ripresa: un fenomeno determinato da quattro cause fondamentali, di cui tre di tipo strutturale – invecchiamento demografico, basso livello di occupazione femminile, aumento del peso delle spese obbligate a svantaggio di quelle discrezionali – e una di tipo congiunturale: la più grave recessione degli ultimi 70 anni.
Durante il convegno, Tito Boeri, ordinario di Economia del lavoro presso l’università Bocconi di Milano, ha tracciato il perimetro della situazione economica nazionale, con un’esplicita critica ai tagli verticali del Governo agli investimenti per la scuola e la ricerca: un Paese “intrappolato in un circuito deprimente di bassa crescita, bassi salari e sfruttamento di manodopera immigrata, donne e giovani. Per tornare a crescere – ha ribadito – bisogna invece investire in capitale umano: serve a sostenere l’offerta ma anche i consumi, date le condizioni del mercato del lavoro”.
Da parte sua, in una videointervista, Giuseppe De Rita, presidente del Censis, ha sottolineato come per rilanciare i consumi ci sia bisogno di riconsiderare due elementi chiave: la soggettività e l’arbitraggio: “Oggi bisogna recuperare il senso del desiderio, ma ricordando che i consumi non sono solo quantità. Le case sono piene di cose: i bambini stessi hanno le camerette piene di giocattoli inutilizzati, perché non hanno neppure avuto il tempo e il modo di desiderarli. non hanno più modo di desiderare I consumi vengono dopo un’implicita scelta di qualità della vita e di qualità di sé stessi”.
Lamberto Biscarini, partner & managing director di The Boston Consulting Group, si è concentrato sulle prime due proposte avanzate da Indicod-Ecr: in merito al sostegno diretto ai consumi delle famiglie, dato che ogni famiglia con figli, infatti, spende circa 100 euro in più al mese per il primo figlio e 60 euro per il secondo in prodotti grocery, la proposta prevede un sussidio alle famiglie a basso reddito con almeno un figlio, attraverso un contributo mensile tra i 100 e i 200 euro, a seconda del numero di figli, per sostenere i consumi grocery. Si tratta di una leva sperimentata negli Stati Uniti (programma Snap), dove grazie a questo intervento è stato possibile rilanciare i consumi grocery del Paese nel 2009 e 2010. In Italia, si stima che potrebbe avere un impatto sui consumi grocery tra 2,5 e 5 miliardi di euro all’anno.
Per il rilancio dell’occupazione femminile, Indicod Ecr propone un pacchetto di misure da attuare: maggiore flessibilità negli orari di lavoro (per esempio, part time), agevolazioni fiscali per le donne e le madri lavoratrici, sviluppo su larga scala di servizi a sostegno delle madri lavoratrici (per esempio, asili nido). Tale iniziativa, a regime, a fronte di un aumento di 5-10 punti percentuali di impiego femminile, avrebbe un impatto sui consumi tra 12 e 22 miliardi di euro, di cui tra 2 e 4 miliardi di euro sui consumi grocery.
Da parte sua, Roberto Ravazzoni, ordinario di Economia e gestione delle imprese, Università di Modena e Reggio Emilia – Cermes Bocconi, si è concentrato sul tema delle liberalizzazioni e della modernizzazione della struttura distributiva del Paese: “Nell’Osservatorio Cermes-Federdistribuzione sulle liberalizzazioni in Italia, abbiamo stimato, tra l’altro, che le liberalizzazioni dei mercati della distribuzione alimentare, dei carburanti e dei farmaci, così come delle banche e delle assicurazioni, varrebbero 22,7 miliardi di euro”.
Secondo le stime prudenziali dell’Osservatorio Cermes Federdistribuzione, gli interventi pro concorrenza proposti porterebbero a ridurre il peso della spesa per carburanti di oltre mezzo miliardo di euro e quella per i farmaci di circa 50 milioni di euro.
Indicod-Ecr, tre ricette per la crescita
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