Alla fine del 2012 il 58% delle aziende medio-grandi era a controllo familiare, in leggera crescita rispetto al 57,4% dell’anno precedente. Inoltre, solo l’8,3% delle imprese familiari, nel lungo periodo di crisi, è stato interessato da cessioni del controllo, fusioni o liquidazioni, contro il 10,4% delle coalizioni proprietarie e cooperative, il 13,4% delle filiali di multinazionali e il 14,6% delle imprese a controllo statale. Per di più, dal 2007 al 2012 le aziende familiari hanno incrementato del 5,7% il numero dei dipendenti .
A rivelarlo è la quinta edizione dell’Osservatorio Aub su tutte le aziende familiari italiane con ricavi superiori a 50 milioni di euro, promosso da AIdAF (Associazione italiana delle imprese familiari), Gruppo UniCredit, Cattedra AIdAF-Alberto Falck di strategia delle aziende familiari dell’Università Bocconi e Camera di commercio di Milano. Lo studio a cura di Guido Corbetta, Alessandro Minichilli e Fabio Quarato, presentato lo scorso 25 febbraio all’Università Bocconi, è basato sull’analisi dei bilanci di tutte le 4.249 aziende familiari italiane medio-grandi.
“Le imprese familiari – ha dichiarato Alberto Meomartini, vice presidente della Camera di commercio di Milano – sono non solo un simbolo importante di continuità e di capacità di conciliare tradizione e innovazione, ma anche un esempio vivo di quel modo di fare impresa che ha costruito la storia dell’imprenditorialità milanese e italiana. Imprese che sono riuscite a fare del ricambio generazionale un’occasione di crescita e che hanno affrontato la sfida della modernità puntando anche sull’internazionalizzazione. Per questo, in un momento di crisi come quello attuale, è importante continuare a sostenerle e promuoverle in un’ottica di partnership tra pubblico e privato”.
La recessione, dunque, pare non aver impattato su tutti allo stesso modo e l’azienda familiare si è rivelata resiliente. Anche se, come è naturale, la crisi ha lasciato qualche segno anche in quel settore. Tra il 2007 e il 2012, infatti, il numero complessivo delle aziende familiari monitorate dall’Osservatorio è rimasto sostanzialmente costante, ma un terzo di esse è mutato. Se nel biennio 2010-2011 hanno risposto meglio delle altre aziende ai primi segnali di ripresa, nel 2012 hanno registrato una flessione dei ricavi del -2,8%, superiore al -1,3% della media – anche se, va detto, il dato delle altre imprese è influenzato dalla crescita di 4,7 punti percentuali delle aziende statali. Dal canto loro, le multinazionali hanno registrato un -2,9% e le aziende controllate dal private equity un -4,2 per cento.
La redditività operativa delle aziende familiari continua a essere superiore a quella delle altre di +0,4%, ma il gap si sta via via assottigliando, mentre peggiora la capacità di ripagare il debito, misurata dal rapporto Pfn/Ebitda, che si attesta a 6,4 rispetto al 5,6 delle altre imprese delle stesse dimensioni. Da notare, infine, che le aziende familiari si confermano quelle meno dipendenti dal capitale di terzi: il rapporto di indebitamento è sceso a 5,2 dal 5,8 del 2011.
“Abbiamo individuato otto sfide – ha spiegato Guido Corbetta, titolare della Cattedra AIdAF-Alberto Falck – che le aziende familiari si trovano ad affrontare per rilanciare la propria competitività: evitare la convivenza obbligata tra generazioni, nella forma di amministratori delegati multipli; pianificare la successione al vertice prima che sia troppo tardi; superare il soffitto di vetro che limita la crescita professionale delle donne; bilanciare leadership familiare e Cda familiare; radicarsi in una cultura non familistica; aumentare le competenze per fare acquisizioni; cambiare il focus geografico degli investimenti diretti all’estero; conoscere il private equity”.