Latouche, perché la decrescita è la via dello sviluppo

Il futuro sostenibile secondo il noto professore francese che non fa sconti alla business community
Latouche, perché la decrescita è la via dello sviluppo

Professore emerito di Scienze economiche all’Università di Parigi XI e all’Institut d’études du developpement économique et social (IEDES) di Parigi, Serge Latouche non fa sconti a chi rappresenta il mondo dell’industria o della grande distribuzione. Ecco perché abbiamo deciso di andare a conoscerlo a margine di una giornata di riflessione organizzata da Ismo, storica istituzione di formazione e cultura per le risorse umane, nell’ambito di un ciclo di conferenze sul prossimo ‘futuro sostenibile’. Vi diamo un’anticipazione dell’intervista pubblicata sul numero di maggio di Food.

 

Come si declina in ambito alimentare il concetto economico di decrescita ‘serena’?

La società della crescita è legata al concetto di produttivismo che ha distrutto la cultura contadina e la tradizione alimentare. Io non dico che dobbiamo tornare indietro, ma piuttosto inventare un nuovo tipo di agricoltura sostenibile, un’agricoltura di prossimità, che produce senza concimi chimici e usando poca acqua. Il progetto di Slow Food, che è nato proprio nel vostro Paese grazie al mio amico Carlo Petrini, è la migliore interpretazione della decrescita nel settore alimentare”.

Non pensa che la filosofia del chilometro zero costituisca un limite per gli stessi produttori locali che vorrebbero portare i loro prodotti (eccellenti e sani) anche in altre regioni o sui mercati internazionali?

Limitare il business è giusto! (sorride, ndr.) Ma possiamo anche dire che il chilometro zero vale per l’80% del cibo. Il restante 20% che esprime, per esempio, vini e formaggi di altissima qualità, può andare anche all’estero. Il problema è proprio che i contadini non sono attrezzati per affrontare i mercati internazionali perché non hanno la resilienza: basta un anno di crisi e rischiano di crollare. Dunque la parola chiave del circolo virtuoso della decrescita è ‘rilocalizzare’, che significa demondializzare, deglobalizzare, ritrovare il senso del locale, sfuggire al gioco al massacro sui mercati internazionali. Oggi 8mila camion viaggiano ogni giorno tra la Francia e l’Italia per portare acqua Sanpellegrino ai francesci e acqua Evian agli Italiani: non è folle questo?!

Un altro tema sul quale stanno ragionando seriamente industria e distribuzione è quello degli sprechi: che cosa si può fare per ridurli?

Lo spreco è appunto il risultato del produttivismo. Anni fa lo spreco non esisteva, si seguivano le regole della natura e nulla veniva buttato. Oggi si produce molto più del fabbisogno e il risultato è che il 40% del cibo prodotto va in pattumiera: il 20% arriva dai supermercati che eliminano i prodotti che hanno superato la data di scadenza e un altro 20% arriva dai consumatori che hanno dimenticato i cibi nel frigo. Con l’agricoltura di prossimità tutti questi problemi sono superati: si mangia solo prodotto fresco, nelle stagioni e nei tempi giusti. I Gas sono lì a dimostrarlo.

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