Tutti pazzi per il pollo. Unaitalia, l’associazione che rappresenta la quasi totalità delle aziende del comparto avicolo, lo certifica ufficializzando i dati del 2013: a fronte di un leggerissimo calo della produzione (-0,2%) i consumi di carni avicole registrano una crescita del +9% da inizio crisi economica. Continuano a ‘volare’ quindi i consumi di pollo, con un +1,3% rispetto al 2012, a conferma di un trend che negli ultimi 10 anni ha visto aumentare il gradimento per questa tipologia di carne del 18,4%, con un picco del +25% dall’inizio della crisi. Il settore si conferma completamente autosufficiente nell’approvvigionamento: il 99% del pollo mangiato in Italia è made in Italy. Per il 2014 si prospetta un leggero aumento delle produzioni totali. Con 5,7 miliardi di fatturato e una produzione che nel 2013 ha raggiunto le 1.258.800 tonnellate, in lievissima diminuzione rispetto al 2012 (-0,2%), le carni avicole si confermano un comparto strategico per il made in Italy alimentare. La produzione per il pollo aumenta (+0,3%) arrivando a 863.400 tonnellate, mentre la flessione è dovuta in particolare alla carne di tacchino e alle altre specie avicole. I dati dei consumi riflettono quelli della produzione e indicano nel complesso una leggerissima flessione (-0,3%), da addebitare al minor consumo di carne di tacchino e di altre specie avicole. In controtendenza il consumo di carne di pollo (+1,3% rispetto al 2012), a confermare una tendenza anti-crisi che negli ultimi 10 anni ha visto aumentare i consumi pro capite di carne di pollo del +18,4%, percentuale che cresce fino al +25% nella ‘finestra’ (2007-
2013) della crisi. “In un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, tutto il settore delle carni ha subito una battuta d’arresto – ha commentato Aldo Muraro, presidente di Unaitalia – il tacchino ha visto calare leggermente la domanda, ma il pollo continua a restare tra le carni preferite dagli italiani, grazie alla sua versatilità, genuinità e all’ottimo rapporto qualità-prezzo”.
Sul fronte dei consumi complessivi di carni avicole si registra una sostanziale stabilità. Gli italiani consumano 13,62 kg pro capite di carne di pollo e 4,41 Kg di carne di tacchino. Nel complesso il
consumo pro capite di carne di pollame è risultato pari a 19,34 kg procapite considerando anche il consumo di carne di gallina e altre specie avicole. Dal 2007, anno di inizio della crisi economica, il consumo di carni avicole ha registrato una crescita del +9%.
I dati diffusi da Unaitalia mostrano anche i livelli di autoapprovvigionamento del settore avicolo: in Italia infatti viene prodotto il 104,3% delle carni di pollo consumate nel nostro paese, e
addirittura il 116,6% delle carni di tacchino, a conferma di un settore completamente autosufficiente, a garanzia della provenienza e della qualità del prodotto che viene portato a tavola. “Si parla tanto di made in Italy per molti prodotti nazionali – spiega Muraro – ma forse in pochi sanno che l’Italia è autosufficiente per i prodotti avicoli. Il 99% del pollo mangiato in Italia proviene dai nostri allevamenti. Il settore avicolo inoltre è supportato da una filiera integrata che provvede ad ogni passaggio della catena produttiva, dall’incubatoio ai mangimi, con un sistema contollato a livello nazionale e comunitario, per garantire prodotti sani, genuini e sicuri”. Per il 2014 si ipotizza un leggero aumento delle produzioni totali di carni avicole, in particolare di
carne di pollo, mentre si prevede una sostanziale stazionarietà per la produzione di carne di tacchino e leggera flessione per le altre specie avicole. Per quanto riguarda le uova invece la
normalizzazione degli allevamenti dovrebbe spingere la produzione, che potrebbe tornare almeno ai livelli del 2012.
“Per il 2014 si prevede un aumento della produzione e anche della marginalità – conclude Muraro –. Nei primi due mesi del 2014 si è infatti registrata una flessione dei costi di produzione rispetto alla
media 2013, in particolare dovuto alla diminuzione del prezzo delle materie prime. Nel settore avicolo i mangimi rappresentano circa il 65% dei costi produttivi e il miglioramento della situazione internazionale nel mercato cerealicolo è sicuramente positivo. A fronte di un fatturato annuo ormai stabilizzato intorno ai 5.700 milioni di euro, confidiamo in una stabilizzazione dei costi di approvvigionamento delle materie prime e delle marginalità, per continuare a garantire ai nostri clienti una produzione adeguata in termini quantitativi e qualitativi”.