Siamo ufficialmente un paese ‘ogm free’. Dopo che da Bruxelles si è stabilito che ogni decisione in materia deve essere presa dai singoli paesi membri, l’Italia ha rincarato la dose. Chi li semina e li coltiva in campo rischia da 6 mesi a tre anni di reclusione e una multa da 10mila a 30mila euro, oltre a dover rimuovere a proprie spese le coltivazioni geneticamente modificate e a dover affrontare possibili riparazioni, ad esempio a risarcimento del danno apportato dalla contaminazione dei campi biologici vicini. E’ chiaro il senso dell’articolo 4 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 91, detto anche decreto ‘Campo Libero’.
“E’ la prima volta che nel nostro Paese si individua una sanzione adeguata per la violazione del divieto di coltivazioni transgeniche”, commenta Maria Grazia Mammuccini, vicepresidente di Aiab-Associazione italiana per l’agricoltura biologica. Almeno per tutto il 2014, e in attesa della normativa comunitaria e nazionale, sulla questione delle coltivazioni ogm si è finalmente detta una parola chiara, che stabilisce certezza del diritto. E tra i diritti che vengono tutelati, oltre a quelli dei consumatori che non vogliono mangiare cereali o soia geneticamente modificata, c’è quello degli agricoltori biologici, che corrono il rischio di contaminazione genetica, rischiando di perdere la certificazione bio”. “E’ una grande vittoria per il made in Italy di qualità, che poi quello che sta aiutando il Paese anche nelle esportazioni, in un momento di grave difficoltà”, esulta il presidente di Aiab Vincenzo Vizioli.
Dal canto suo il ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Maurizio Martina, che ha sempre sostenuto di non aver alcun preconcetto ideologico sulla questione, è convinto che “il modello agricolo italiano puo’ andare ‘oltre gli ogm’ e puo’ puntare sulla sua straordinaria biodiversità. Una scelta che risulterà più vantaggiosa anche e soprattutto sotto il profilo economico”.