Il tema delle contraffazioni nell’agroalimentare e dell’Italian sounding torna periodicamente alla ribalta. È recente la notizia della proposta che il ministro Maurizio Martina ha portato al segretario all’Agricoltura degli Stati Uniti Tom Vilsack di introdurre nella legislazione Usa il ‘divieto di evocazione’ per contrastare l’uso dell’Italian sounding che – sebbene tecnicamente non sia ascrivibile al reato contraffazione – di fatto ‘ruba’ enormi fette di mercato ai nostri prodotti autentici in giro per il mondo: l’affaire vale circa 60 miliardi di euro, dei quali 24 miliardi vengono generati nel solo Nord America, 26 miliardi in Europa e 10 miliardi nel resto del mondo.
“Ma gli effetti negativi sono anche maggiori di quanto stimato – spiega Gabriele Canali, docente Smea e direttore Crefis – Centro ricerche economiche sulle filiere suinicole dell’Università Cattolica del S. Cuore, che alla presentazione del Rapporto Inea ‘Il commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari’ ha svolto una relazione proprio su questi temi – . Sono da valutare, infatti, anche altri guasti sul sistema produttivo italiano: maggiori difficoltà sui mercati dei prodotti autentici (quantità ma anche prezzo e ciclicità); selezione avversa delle imprese (favoriti gli imitatori e i falsari). E non bisogna sottovalutare i danni ai consumatori dovuti a un’errata valutazione (e pagamento) per la qualità dei prodotti acquistati e minore varietà dell’offerta in termini di sopravvivenza dei falsi e scomparsa dei prodotti autentici”.
L’azione di contrasto alle imitazioni e al falso made in Italy deve procedere su piani diversi, ma complementari. In ambito continentale la difesa dei nostri prodotti che fanno riferimento all’origine è facilitata dalla tutela dei marchi europei (dop e igp). Ciò che risulta molto più difficile, invece, è proteggere le nostre indicazioni geografiche nei paesi extra Ue.
Il direttore del Crefis ha anche proposto un nuovo ‘indice di intensità di imitazione’ dal quale risulta che in Nord America, ad esempio, l’Italian sounding vale ben 8 volte le nostre esportazioni. Per questo è importante agire in due direzioni: da un lato è necessario svolgere, in particolare in sede Wto, ma anche nell’ambito degli accordi bilaterali come il Ttip-Trattato transatlantico di libero scambio, un’attenta azione di tutela.
In secondo luogo esiste la necessità di sostenere i singoli consorzi e le pmi sia nella registrazione dei marchi a livello internazionale, almeno dove tale pratica risulta possibile, che nello sviluppo di percorsi efficaci di internazionalizzazione.
Contro il fenomeno, infine, è importante anche una comunicazione efficace per illustrare le ricadute negative del sostegno indiretto che i consumatori riconoscono ai produttori di falsi con l’acquisto di questi prodotti.