Il mese scorso abbiamo parlato di bellezza, e dell’importanza del lato estetico e dell’appetizing nella pubblicità per i prodotti alimentari. Proviamo oggi a parlarvi del contrario: non proprio bruttezza allo stato puro, ma lo spot più anti-appetizing che abbiamo mai trovato.
Il primo pubblicizza il latte a lunga conservazione Devondale, australiano come l’agenzia, la DDB di Melbourne e ha per protagonista una laida vecchietta con una legione di gatti, assoluti padroni della situazione. Sembra quasi di sentirne l’odore. La vecchietta condivide con i felini il latte: intinge nel latte il dito e lo dà ripetutamente ai gattini; un micio infila la lingua nella bottiglia, dalla quale la vecchia a sua volta beve direttamente. L’orrido e anti igienico festino è interrotto dal campanello: è l’ignaro vicino che viene a chiedere, con una tazza in mano, un po’ di latte in prestito. “Non restare mai senza latte”, conclude lo spot “tieni sempre una confezione in frigo”. Segnaliamo lo spot non perché lo riteniamo un sublime esempio di strategia: la promessa è a dir poco generica, non ci dice nulla del prodotto, e la situazione è estremamente pretestuosa, ancorché divertente. Più uno sketch che un commercial. Lo abbiamo scelto perché è un esempio estremo di “negative approach”, che da noi non è mai stato molto popolare.
Il secondo spot pubblicizza il dessert al cioccolato Jello, ideato dall’agenzia CP+B di Boulder, Colorado. L’uomo è grassottello, con il riporto e frustrato. Il dessert al cioccolato, spiega al figlio, serve proprio a consolarsi: rimedio alle amarezze della vita.
Se il papà è anti-pubblicitario secondo i nostri schemi, che dire del bambino? Lo vediamo mentre si identifica con il genitore e si immagina anche lui calvo e con il riporto; mentre guida la macchina, e mentre viene bistrattato da un figuro a metà tra il capoufficio e il maestro. Nel finale il bambino si è identificato talmente con i problemi del papà, che gli cede anche il suo dessert: “ne hai più bisogno tu di me, gli dice”. Carino, malgrado tutto, no?
Un mondo rappresentato con ironia come problematico, realistico, con i suoi lati negativi e disavventure è più interessante di un mondo sterilizzato dove tutto è perfettino. Ovvio, dite voi? Si vede che non vi è mai capitato di vedervi bocciare una campagna perché il titolo inizia con “non”. Che, come è noto, è “negativo”.
di Lorenzo Zordan e Roberto Scotti
http://youtu.be/hi1EpL5NQfc