Prosciutto cotto ottenuto da carne diversa dal maiale o addirittura senza carne? Assolutamente no. Alle dichiarazioni rilasciate in occasione del Forum dell’Agricoltura che si è tenuto lo scorso week end a Cernobbio, di Roberto Moncalvo presidente di Coldiretti, secondo il quale il prosciutto cotto potrà ora essere fatto anche utilizzando carne di altre specie, risponde oggi Assica, che precisa il contenuto dello schema di decreto ministeriale che rivede la normativa sulla preparazione dei salumi. Assica fa notare che il decreto impone a chi fa prosciutti cotti usando carne di altre specie (per esempio i ‘prosciutti di tacchino’) di indicare in chiaro questa circostanza e di utilizzare solo la coscia. In questo modo il consumatore conoscerà con sempre maggiore esattezza cosa compra; qualora il consumatore trovi scritto solo ‘prosciutto cotto’ sarà sicuro che si tratta del classico prosciutto cotto fatto con la coscia di suino. Ma non sono solo le materie prime a essere chiamate in causa. Moncalvo ha accusato i produttori di puntare a ‘prosciutti pieni di acqua’. Assica ribatte: “Anche qui una lettura del testo e una chiacchierata con un tecnico preparato gli avrebbe fatto capire che la modifica del parametro tecnico (UPSD) è limitata all’1% (uno per cento) e che questo parametro misura, secondo precisi criteri scientifici, la quantità d’acqua contenuta nella materia prima, tralasciando quella eventualmente utilizzata per motivi di produzione. La modifica dell’UPSD è dovuta al fatto che le carni suine e in questo caso le cosce – che anche gli allevatori italiani forniscono – sono sempre più magre, giustamente in linea con le richieste del consumatore. Ma carni più magre sono anche naturalmente più umide. Come anche il Presidente Moncalvo sa (o dovrebbe sapere visto il ruolo che ricopre) la quantità di acqua contenuta nella carne dipende direttamente dalla parte muscolare (magra) dell’animale, cioè proprio quella parte che il consumatore paga e apprezza”. Così prosegue la replica di Assica: “Le modifiche introdotte a livello di ingredienti utilizzabili rappresentano un mero adeguamento alla normativa comunitaria in tema di aromi e additivi e non produce nessun “via libera all’uso di aromi sintetici” già prima non consentiti. Le modifiche al decreto richieste, infine, non sono un capriccio estemporaneo ma sono il risultato di studi scientifici e verifiche tecnologiche pluriannuali svolte alla Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari di Parma, ente conosciuto nel mondo per la qualità della ricerca nel settore alimentare. È alquanto deplorevole che Coldiretti, pur di ottenere qualche titolo sui giornali, non si faccia alcun problema a denigrare, ancora una volta, un pezzo significativo dell’agroalimentare italiano, che tanto elogia quando parla della voglia di made in Italy da parte dei consumatori di tutto il mondo. Ricordiamo che il nostro export è sempre positivo proprio perché garantiamo qualità, sicurezza alimentare, eccellenza e legame con il territorio. E ricordiamo anche che i nostri produttori tutti i giorni mettono la faccia su ciò che producono, firmano i loro prodotti, fieri di quello che offrono, fieri di essere made in Italy”.
Assica replica a Coldiretti
All’origine della polemica, l’interpretazione della proposta di decreto sulla preparazione dei salumi
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