I primi dati sui trend del 2015 sembravano aver riportato un po’ di sereno in casa Tesco. Ma il tutto è durato poche settimane, fino alla pubblicazione dell’ultimo esercizio fiscale, chiuso lo scorso 28 febbraio. Con una perdita netta vicina agli otto miliardi di euro, infatti, il retailer ha registrato la flessione più grave della sua storia quasi centenaria. Un record negativo, insomma, che si posiziona di diritto al sesto posto nel ranking dei peggiori risultati di sempre tra le aziende britanniche. In pratica, subito dopo lo scivolone di Cable & Wireless del 2003. Non a caso, Clive Nero, analista di Shore Capital, ha detto che definire un incubo l’anno appena trascorso dal rivenditore sarebbe addirittura eufemistico. D’altronde, gli utili underlying sono crollati del 68% nei 12 mesi, a 1,33 miliardi di euro. Su un risultato di queste dimensioni, ben superiore anche alle previsioni, hanno inciso ovviamente diversi fattori concomitanti. A cominciare dalla guerra dei prezzi con i rivali Asda, Sainsbury’s e Morrisons, nonché dall’ascesa dei discount Aldi e Lidl. Senza dimenticare la questione degli errori contabili e dell’inchiesta da parte dell’autorità anti-frode londinese. Molto pesante è stata anche la svalutazione immobiliare, che ha colpito il patrimonio per circa 4,7 miliardi di sterline. Il ceo Dave Lewis, dal canto suo, ha ribadito l’esigenza di continuare sulla strada tracciata dal suo piano di ristrutturazione del gruppo, con un sensibile taglio dei costi e la chiusura di almeno 43 supermercati non profittevoli durante i prossimi mesi. Una politica di tagli, capace però anche di investire nell’innovazione, come accade per esempio con i format di ristorazione veloce. L’importante, secondo il numero uno dell’insegna, è che nessuno si attenda cambiamenti radicali della tendenza nel breve e medio termine. Anche i recenti segnali di miglioramento, dunque, non garantiscono che il rivenditore sia fuori dal tunnel.
Tesco chiude l’esercizio in profondo rosso
Il gruppo registra la sesta peggiore perdita nella storia del Regno Unito. Colpa della guerra dei prezzi e della svalutazione immobiliare
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