Il più bel messaggio uscito dal più importante evento del largo consumo in Italia è stato un gesto. Niente numeri, niente parole. Ma una standing ovation che ha visto in piedi 500 manager delle più importanti aziende presenti in Italia ad applaudire non un economista che preannunciava tempi migliori e nemmeno un uomo d’azienda che raccontava strategie di successo, ma un giornalista che ha saputo risvegliare la nostra voglia di riscatto. Il più bel messaggio uscito dal Linkontro Nielsen – che anche quest’anno ha chiamato a raccolta il gotha del mass market italiano – è stato il tributo della business community a un Federico Rampini più convincente che mai nel ricordarci le cose di cui, noi italiani, siamo capaci. Dietro gli applausi si colgono molte cose. Intanto che, nonostante i segnali positivi siano ancora deboli, si respira già un’aria diversa. C’è ottimismo, voglia di fare, voglia di agganciare questa debole congiuntura positiva (data dal cambio favorevole con il dollaro, dall’iniezione di liquidità della Bce e dal basso prezzo del petrolio) per tornare a crescere e per ricominciare a correre, soprattutto sui mercati internazionali. La regola per riuscirci è la più semplice che potremmo immaginare: lavorare su quello che già abbiamo, imparando a valorizzarlo e, di conseguenza, a venderlo meglio. Siamo la patria della bellezza, ha ricordato in un altro applauditissimo intervento Maurizio Di Robilant: “Gli italiani la posseggono e la producono – ha fatto notare il creativo citando le bellezze artistiche, paesaggistiche e manifatturiere del nostro Paese -: devono imparare a valorizzarle”. Da qui l’idea che ha portato alla creazione di una fondazione chiamata appunto ‘Italia, patria della bellezza’, che ha per obiettivo quello di mettere a fattor comune lo sforzo di tutti per fare del bello una vera leva competitiva del nostro Paese. Tra gli obiettivi della Fondazione, che ha già all’attivo 12 progetti concreti, quello di fondare una nuova categoria economica, l’Economia della Bellezza, che misuri la sua incidenza sul Pil in modo da stimolare una riflessione seria su quanto convegna investirci sopra. Non solo. L’idea più accattivante è quella di lanciare un vero e proprio marchio, che possa trasformare i nostri prodotti in ‘ambasciatori’ del nostro Paese: tramite un semplice Qr-code, inserito nel marchio e collegato a una piattaforma che mappa a matrice le bellezze italiane, ogni referenza può rimandare alla sterminata offerta di attrazioni che l’Italia è in grado di proporre. Un progetto che dovrebbe far nascere quel Sistema-Paese in grado (finalmente) di mettere a fattor comune gli sforzi di tutti per un bene complessivo e collettivo più ampio.
Uno sforzo importante in un Paese che pullula di battitori liberi e dove il forte individualismo delle tantissime imprese familiari ha fatto spesso da freno al gioco di squadra.
Per una curiosa coincidenza, pochi giorni dopo aver ragionato su questi temi, la notizia della tragica scomparsa del genio matematico John Nash mi ha ricordato che la sua teoria più famosa traduce in numeri proprio i vantaggi della cooperazione sinergica. La teoria che gli ha fatto meritare il Nobel spiega che, in una situazione competitiva, il miglior risultato non si ottiene quando ognuno cerca di avere il meglio solo per sé, ma quando ognuno cerca di ottenere il meglio per sé e per il gruppo all’interno del quale compete. Se tutti agiscono in un’ottica di cooperazione, ognuno ottiene un risultato migliore di quello che avrebbe ottenuto pensando solo al suo interesse. Conforta sapere che è una legge matematica. Da Nobel. Passiamo parola.
di Maria Cristina Alfieri