Chi sperava fosse l’occasione per annunciare un futuro allentamento delle sanzioni verso la Russia resterà deluso. Se non cambiano le condizioni in Ucraina, a poco servirà la recente visita di Vladimir Putin in Italia per l’Expo, nonostante il premier italiano Matteo Renzi si sia mostrato desideroso di ripristinare i normali rapporti commerciali tra i due stati. A togliere ogni speranza sono gli Stati Uniti: fonti vicine al presidente Barack Obama hanno infatti riferito che “non è possibile” un ritorno alla normalità di rapporti con la federazione russa, finchè non si sia trovato un accordo duraturo per l’Ucraina. In altri termini, Washington batte il tempo per tutti gli alleati più stretti e richiede un perfetto allineamento in queste fasi delicate di trattative. Consenso, per la verità, che non si è fatto attendere, almeno a parole: il parlamento di Strasburgo ha infatti rilasciato un rapporto nel quale si considera la Russia un partner “non più strategico per la Ue”. Un concetto decisamente forte, se si pensa alla dipendenza di molte nazioni europee dal gas e petrolio russo, che in alcuni casi arriva fino al 100 per cento.
Per l’Italia questo stallo significa una grossa perdita in termini di export: lo stesso Putin, durante la visita all’Expo, l’ha valutato in 1 miliardo di euro, che è l’interscambio attuale tra i due paesi dei prodotti embargati. La perdita di export agroalimentare italiana è una buona fetta, e l’andamento dei primi mesi dell’anno è assolutamente preoccupante. Secondo Federalimentare, infatti, le perdite di export ammontano finora a 165 milioni circa. Se si pensa che il nostro export nel 2013 è stato pari a 562 milioni di euro (11esimo paese di sbocco per il nostro food and beverage), si comprende l’entità del danno e il brusco stop alla fase di crescita della nostra presenza sulle tavole del grande paese eurasiatico.
Il 2015, se possibile, è iniziato anche peggio: secondo i dati rilasciati dal presidente di Federalimentare Luigi Scordamaglia “nel primo bimestre le esportazioni alimentari italiane sono scese del 46,3%: i settori più colpiti sono le carni preparate (-83%) e il lattiero-caseario, che si è praticamente azzerato con un calo del 97 per cento”. Una situazione chiaramente grave e che mette in agitazione intere filiere, con quella del lattiero caseario già in fibrillazione dopo la fine del regime delle quote latte.
Russia a parte, l’export dell’agroalimentare è partito comunque bene, e questi dati confortano i produttori. Nel primo trimestre dell’anno le vendite oltre confine sono cresciute del 6,2% rispetto allo stesso periodo del 2014 secondo un’analisi di Coldiretti. L’anno scorso l’Italia aveva raggiunto il record di esportazioni del 34,3 miliardi di controvalore, e se dovessimo mantenere il passo visto finora potremmo anche aggiungere altri 2 miliardi per arrivare oltre i 36. Un risultato che ripagherebbe del calo della Russia, attenuando almeno in parte la sofferenza che hanno alcune filiere.