Grande successo per il Food Summit 2015, l’evento organizzato nella splendida cornice del Teatro Regio di Parma per celebrare i 25 anni del mensile Food. Una serata che ha visto la partecipazione del gotha dell’industria e della distribuzione alimentare italiana.
“Racconti dal futuro”, questo il tema del Food Summit 2015 che ha passato in rassegna le sfide che attendono l’alimentare italiano. Ad aprire i lavori – dopo gli interventi di Paolo e Davide Dalcò, editori del mensile Food – una ricerca esclusiva realizzata dalla società di consulenza Alix Partners sulla multicanalità e il target dei Millennials, ancora sottovalutato in Italia. Delle prospettive del made in Italy ha parlato Oscar Farinetti, che ha aperto il suo intervento sottolineando come il futuro di chi ha avuto la fortuna di nascere in Italia – il Paese con la più grande biodiversità al mondo – è per forza di cose l’espansione internazionale. Una tema, quello dell’internazionalizzazione, ripreso nel corso del convegno anche da Marco Rottigni, direttore corporate e public finance di Intesa Sanpaolo, e nel dialogo tra Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare, e Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale del Parlamento Europeo, intervistati da Maria Cristina Alfieri, direttore del mensile Food.
Il sociologo Enrico Finzi ha poi descritto i macrotrend che segneranno l’evoluzione del cibo nei prossimi anni, finendo col modificare per molti versi lo scenario in cui tutte le imprese sono chiamate ad operare.
Una voce fuori dal coro è stata quella del filosofo Umberto Galimberti, che tratteggiando una breve storia del cibo, ha richiamato l’attenzione dell’uditorio sulla dimensione etica dell’agire economico. E ha chiuso con una provocazione che riproponiamo ai lettori di Food: citando Stendhal – che diceva che la passione non è cieca, ma visionaria – Galimberti ha definito visionari i grandi imprenditori come Michele Ferrero e Pietro Barilla. Ma nella nostra epoca la forza della visione si va perdendo, per l’attenzione eccessiva alla componente tecnica del mercato, che pone limiti sancendo cosa ‘funziona’ in base a quanto è stato già fatto. I numeri del marketing saranno utilissimi – ha scandito Galimberti – ma non devono spegnere il valore della visione. E il coraggio di innovare con lo sguardo rivolto al futuro.