Al suo debutto a Wall Street valeva oltre 200 miliardi di dollari. Più di alcune banche che l’hanno aiutata a quotarsi, JPMorgan inclusa. Nel primo giorno di contrattazioni, i titoli del gruppo cinese di ecommerce hanno aperto a 92,70 dollari, un prezzo molto superiore rispetto ai 68 dollari fissati nel corso dell’offerta pubblica iniziale, per poi raggiungere a novembre un picco di 120 dollari. Oggi, a un anno di distanza, un’azione del colosso asiatico si vende a circa 61 dollari, dopo un trend al ribasso che dura ormai quasi ininterrottamente dallo scorso inverno. Secondo il magazine finanziario newyorchese Barron’s, il futuro della società di Jack Ma sarebbe tutt’altro che roseo, alle prese con il rallentamento del pil cinese, la concorrenza agguerrita di altre aziende e una serie di investimenti poco indovinati. Alibaba, dal canto suo, ha ammesso di recente una flessione delle vendite nelle sue piattaforme web, smentendo tuttavia con decisione qualsiasi previsione a tinte fosche,a cominciare proprio da quella della rivista americana. Anzi, il management è convinto che la strategia di business portata avanti dalla multinazionale dello shopping online sia destinata a raggiungere risultati ancora più ambiziosi, dopo aver cambiato e modellato il comportamento dei consumatori in Cina, riuscendo nel contempo a espandere la sua presenza a livello globale. E la pensa così anche la giuria del World Retail Congress che, nella cerimonia di conclusione della tre giorni romana, ha premiato Alibaba come Retailer of Year, riconoscendone proprio la costante innovazione e la capacità di soddisfare le aspettative dei suoi oltre 300 milioni di clienti attivi.
Alibaba, il gigante cinese non convince più i mercati
Ha appena vinto il premio più ambito dei Word Retail Awards 2015, ma il valore del suo titolo in borsa continua a scendere
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