La catena di gelaterie Grom passa a Unilever con un’operazione che arriva decisamente inattesa e di cui non è stato comunicato il controvalore. Non tanto per la categoria di appartenenza, che vede la multinazionale anglo olandese tra i leader mondiali, quanto per la volontà di continuare a investire in Italia in nuovi brand e attività, nonostante l’andamento dell’economia ancora piuttosto fiacco. Le cessioni del business Santa Rosa a Valsoia e di Findus ad un fondo di private equity internazionale avevano disegnato un quadro di ridimensionamento della società in Italia e focalizzazione sui marchi internazionali di proprietà. Ma l’acquisizione di Grom va inquadrata nella strategia internazionale di Unilever di crescita nella fascia premium della categoria Ice cream, che negli ultimi anni ha visto l’acquisizione dei marchi Ben&Jerry’s e nel 2014 di Talenti Gelato & Sorbetto, che a dispetto del nome italianissimo è americana. Qui sta forse un punto di riflessione: Grom rappresenta il gelato “italiano”, un concetto di marketing che funziona bene a livello internazionale perché è priconosciuta al nostro Paese una peculiarità nella preparazione di uno dei principali prodotti di autogratificazione a prezzo accessibile. E’ sulla base di questi motivi, forse, che Unilever ha portato a termine l’operazione, col fine di espandere a livello mondiale la sua rete di 67 gelaterie, alcune delle quali già all’estero (Dubai, New York, Jakarta, Parigi ecc), e portare il marchio magari anche in grande distribuzione, con una linea ad hoc.
D’altro canto la società fondata da Federico Grom e Guido Martinetti, che aveva trovato in Matteo Renzi un testimonial “d’eccezione” si può dire , non navigava propriamente in buone acque. L’ultimo bilancio al 30 settembre 2014 era stato chiuso con una perdita netta di 2,4 milioni di euro su un fatturato di 27,6 milioni. L’anno precedente la perdita era di 1,7 milioni di euro e, nel 2014, la posizione finanziaria netta si era fatta pesante (-5,5 milioni di euro su un margine operativo lordo di 240 mila euro). Urgeva un’iniezione di mezzi finanziari freschi dopo gli anni di forti investimenti nell’apertura dei punti di vendita. Un aiuto che nessun imprenditore o fondo d’investimento italiano ha voluto apportare, aprendo la strada a un player mondiale come Unilever. Neanche illy, socia al 5% di Grom che probabilmente cederà la sua partecipazione così come la giapponese Lemongas Fukuoka e la turca Ikfram, che hanno rispettivamente il 6,7 e il 5,6% delle azioni. Grom aveva anche pagato lo scotto di non poter più utilizzare la dicitura ‘gelato artigianale’ dopo una battaglia persa con il Codacons. I due fondatori continueranno a gestire l’azienda, che non sarà per il momento integrata nel sistema Algida. Secondo stime del quotidiano Mf, Grom potrebbe essere stata valorizzata tra i 30 e i 35 milioni di euro.
Per quanto riguarda Unilever, dall’ultimo bilancio emerge che la divisione refreshment (che comprende anche il marchio Lipton e altri nelle bevande) ha fatturato 9,17 miliardi di euro, in calo del 2,1% a causa soprattutto di un andamento sfavorevole dell’euro sulle altre valute, ma i gelati hanno avuto un andamento positivo “grazie alla crescita particolarmente buona dei marchi quali Ben&Jerry’s e Magnum” si legge nel bilancio della società.