“Ha senso investire (in nuove tecnologie) quando la domanda è in calo o comunque stagnante? O quando le prospettive di una ripresa sostenibile non sono ancora del tutto consolidate?”. A partire da queste due semplici domande, girate ai 300 principali gruppi di retail operanti in Italia (che rappresentano quasi la metà delle vendite al dettaglio nel nostro Paese), il Politecnico di Milano ha misurato la propensione all’innovazione digitale dei nostri distributori, presentando un Osservatorio che fa molto riflettere. Iniziamo con il dire che le risposte date dai retailer hanno fatto emergere una generale propensione a temporeggiare. In attesa di maggiori certezze circa la ripresa, investire e sperimentare non sono ritenute, per ora, le cose migliori da fare. In questo clima di stand by, sembra che i retailer siano divisi tra l’interesse verso le nuove soluzioni digitali, che possono cambiare completamente il rapporto con fornitori e consumatori, e l’incapacità di far seguire a questo interesse investimenti adeguati. Il motivo di questo scollamento? La sensazione, peraltro rilevata anche dal Politecnico, è che a mancare sia una ‘vision’ generale, che ridisegni le strategie di business a partire dal digitale. Spesso è la tecnologia a trainare un progetto innovativo e non la definizione di una strategia di fondo e questo porta a interventi mordi-e-fuggi, a iniziative ‘one shot’ che, per dirla con Tomasi di Lampedusa, cambiano qualcosa per non cambiare nulla.
La verità è che in molti iniziano a rendersi conto che la rivoluzione culturale da mettere in campo va ben oltre la capacità di realizzare un’app ben fatta o di lanciare un’attività di e-commerce. Si tratta di cambiare completamente gli schemi usati fino a ieri per gestire i rapporti con il mondo esterno, sia esso fatto da consumatori, da fornitori o da clienti. Si tratta di formare risorse interne, di condividere processi, di cambiare il modo di misurare i propri risultati. Una rivoluzione, appunto.
“Da una scarsa visione sistemica – si legge nel rapporto – dipendono anche il mancato ridisegno dei processi e la scarsa attenzione alla formazione del personale, elementi imprescindibili nell’introduzione dell’innovazione digitale. Un altro limite al successo di questi progetti è rappresentato dalla mancanza di monitoraggio dei risultati: il 45% dei retailer dichiara di non aver definito gli indicatori per misurare le prestazioni associate all’introduzione dell’innovazione. Nel restante 55% del campione, solo un retailer su due fissa dei target da raggiungere e implementa delle azioni correttive in caso di non conseguimento dell’obiettivo”. Insomma, quello che manca oggi non è la tecnologia, ma la visione. E forse anche un po’ di coraggio nel ripensare in modo completamente nuovo certi processi e servizi. Un primo passo è reinterpretarli, mettendosi dal punto di vista del consumatore, che ha più volte dimostrato di aver già ‘digerito’ quella rivoluzione digitale che molti operatori professionali non si sono ancora decisi ad affrontare adeguatamente. Prendiamo per esempio i programmi di loyalty. In Italia sono oltre 2.500 e non si è mai ragionato su una loro possibile integrazione a vantaggio sia del cliente finale che dei retailer.
A pensarci è stata, non a caso, una giovane start up chiamata CheckBonus (che peraltro si ispira al successo americano di ShopKick, una realtà da 15 milioni di utenti, che lo scorso anno ha generato per i suoi partner oltre 300 milioni di dollari di guadagno). CheckBonus ha creato una piattaforma di marketing digitale per il retail, che premia il check-in dei consumatori nei negozi. L’obiettivo è aumentare il traffico nei punti vendita, il mezzo è un sistema di bonus e punti che si accumulano a ogni ingresso in uno degli shop che aderiscono al programma. Due ingressi e si sblocca il bonus per un cappuccino e brioche, per esempio. Nessun obbligo d’acquisto. Eppure un incremento notevole di vendite nei negozi che stanno sperimentando il sistema. Un modo pratico e divertente per ripensare i programmi fedeltà, mettendosi in rete, attivando sinergie, usando il mondo digitale per rivitalizzare quello fisico. Una dimostrazione che la tecnologia usata in modo intelligente non solo non bypassa il negozio, ma ne aumenta il traffico. Un cambio di paradigma, appunto. Che ci dimostra, ancora una volta, come i consumatori siano digitalmente recettivi e sempre un passo avanti rispetto al mercato. Un buon motivo per vincere la resistenza al cambiamento e lasciarsi alle spalle la filosofia dello stand-by.
di Maria Cristina Alfieri