Nella pluridecennale “battaglia” tra Bernardo Caprotti e il sistema Coop, le cooperative “rosse” segnano un punto a favore sul terreno giudiziario. Il giudice per l’udienza preliminare di Milano Chiara Valori ha infatti condannato, con rito abbreviato, il patron di Esselunga a sei mesi di carcere, con pena sospesa, con l’accusa di diffamazione.
LA VICENDA GIUDIZIARIA – La storia è piuttosto complicata: il proprietario di Esselunga, nella ricostruzione dell’accusa sostenuta dal pm di Milano Gaetano Ruta, per ordire una campagna contro la concorrente Coop Lombardia avrebbe acquistato un cd-rom contenente telefonate illecitamente registrate sulla linea telefonica di ufficio del direttore della Coop di Vigevano, Maurizio Salvatori. Il cd-rom avrebbe dimostrato la pratica illecita in Coop Lombardia e il suo contenuto sarebbe stato la base per una serie di articoli di attacco a Coop ad opera del quotidiano Libero per mezzo del giornalista Gianluigi Nuzzi, autore, e Maurizio Belpietro, direttore. Entrambi condannati per calunnia nello stesso processo a 10 mesi. Per i due giornalisti l’accusa di calunnia deriva dal consapevolezza con la quale avrebbero “incolpato” Daniele Ferrè, direttore degli affari generali di Coop Lombardia, pur sapendolo innocente riguardo alla possibilità di aver violato la legge, per aver ‘spiato’ i dipendenti attraverso telecamere nascoste e intercettazioni audio e ambientali. Per sostenere questa tesi i due giornalisti avrebbero pubblicato sull’edizione di Libero del 14 gennaio 2010 “un documento falso riprodotto nella sua integrità”, così come aveva ricostruito il pm in fase di indagini. Questo documento altro non sarebbe che una fattura nella quale si intravvedeva il nome di Ferrè.