“Un’immagine vale più di mille parole”, si suol dire. Sembrerebbe l’epitaffio del cosiddetto audiovisivo. Anche all’inizio dell’epoca del sonoro, molti si chiedevano perché mai il pubblico avrebbe dovuto pagare il biglietto per sentire la voce degli attori. Però le immagini non sono mai state proposte nell’assoluto silenzio: c’è sempre stata la musica, che agli albori del cinema era eseguita dal vivo.
UN PRANZO DA VERI UOMINI – I creativi dell’agenzia Anew di Copenhagen hanno trovato una terza via sonora al commento delle immagini: hanno usato dei suoni davvero fragorosi e divertenti. Lo spot è controcorrente non solo per l’idea a quanto ne sappiamo inedita, ma anche per l’approccio anti-salutistico, con buona pace di vegetariani e vegani. Durante la pausa pranzo in un’officina, un omone apre speranzoso la sua “schiscètta” (termine danese che indica il contenitore per il pranzo, portato da casa) e cosa gli ha preparato la mogliettina? Un’insalata!
L’orrore che invade lui e i suoi compagni di lavoro è espresso drammaticamente con suoni di varie sirene d’allarme che escono dalle loro bocche spalancate nel ribrezzo di fronte al pranzo sano e sciapo. Una miscela sonora che farebbe la felicità di alcuni manager che sostengono che lo spot deve essere percepito e riconosciuto anche da chi sta in un’altra stanza. In questo caso, chi sta nell’altra stanza accorrerebbe pensando che sia scoppiato un’incendio o che stiano rubando la macchina parcheggiata sotto casa. L’alternativa all’insalata è il Leverpostej dell’azienda danese Stryhn. Si tratta di una specie di paté di fegato che si spalma sul pane nero. Questo sì che è, come lo definisce lo slogan, “cibo da uomini”.
…E LE CARAMELLE CHE CI FANNO TORNARE BAMBINI – Assai meno inedito, ma sempre di effetto, è l’altro esempio di uso alternativo del suono che vi presentiamo oggi. Qui le parole ci sono, eccome, ma sono voci di bambini che escono da bocche di grandi. Anzi, molto grandi, visto che si tratta di giocatori di rugby. Motivo di tale bizzarria sono le famose caramelline Haribo, di fronte alle quali i grandi sono come i bambini. Non solo per il timbro delle voci, ma anche per quello che dicono: in questo caso un muscoloso e peloso giocatore dice che le Haribo versione Tangfastics “sanno di fuoco e un po’ di elettricità”, mentre un altro ribatte “la mia sa di matto e di tutte le cose del mondo”.
L’agenzia Quiet Storm di Londra ha prodotto una serie di soggetti siffatti negli ultimi anni, ma mentre i primi erano piuttosto stucchevoli a causa della recitazione e delle smorfie degli attori, qui il contrasto tra il fisico macho dei giocatori e le vocine infantili funziona benissimo. Certo, l’idea, come dicevamo, non è nuova. Ma i simboli, le metafore, le iperboli e tutto ciò che si usa per far passare un messaggio pubblicitario, non sono infiniti. E le idee efficaci, semplici e accattivanti periodicamente ritornano.