Stanno effettivamente deragliando le trattative per il Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip) come sembra leggendo le dichiarazioni di autorevoli esponenti politici di Germania e Francia? Una risposta a questa domanda potrebbe arrivare il 22 settembre quando, a Bratislava, si terrà un vertice informale dei ministri del Commercio dell’Unione europea che dovrebbe essere la sede per un confronto a viso aperto sulle varie posizioni esplose con gran fragore mediatico negli ultimi giorni e che hanno portato alla ribalta tutte le incertezze sulla sua definizione.
HOLLANDE: ACCORDO “SQUILIBRATO” Tra gli scettici ci sono sicuramente la Francia, interessata come l’Italia alla valorizzazione delle filiere agroalimentari, il cui presidente François Hollande ha pubblicamente riconosciuto che “i negoziati si sono bloccati” e, soprattutto, che “lo squilibrio tra Usa e Ue è evidente“, a vantaggio degli americani ovviamente. Qualche giorno prima di questa dichiarazione il ministro dell’Economia tedesco Sigmar Gabriel aveva dato la stura all’euro pessimismo sul Ttip, parlando di trattative “di fatto fallite anche se nessuno lo vuole ammettere”, perché nei 14 round non si era trovato un accordo su nessuno dei 27 punti aperti nel confronto con gli Stati Uniti. In effetti l’impressione non è quella di grandi passi avanti, anche se Steffen Seibert, portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel, ha ricordato che “le cose decisive avvengono nel round finale”.
DE CASTRO: E’ STRATEGIA POLITICA PRE-ELETTORALE Le dichiarazioni ostili, secondo l’europarlamentare Paolo De Castro, sono state “pensate a scopo elettorale”, anche perché nel vertice di fine giugno tutti i capi di governo europei “hanno confermato il mandato all’unanimità alla Commissione per continuare a negoziare”. La Francia andrà a nuove elezioni in primavera dell’anno prossimo e la Germania nell’autunno e il Ttip è visto come un punto di debolezza politica capace di influire sulle elezioni, soprattutto a Parigi, dove Hollande va verso un turno elettorale difficilissimo. La questione è comunque nota già da tempo ma solo adesso è esplosa sulla stampa con dichiarazioni molto nette e ‘politiche’. Anche negli Stati Uniti, dove gli animi politici sono esacerbati per la maxi multa Ue da 13 miliardi di euro ad Apple, Hillary Clinton si è raffreddata sul trattato avvicinandosi alle posizioni di estrema chiusura di Donald Trump. L’Italia, al contrario è tra le più aperte al trattato e il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha dichiarato che è “necessario assicurare alla Commissione il massimo del supporto” in questa difficile fase.
FEDERALIMENTARE AVEVA ESPRESSO SOSTEGNO E’ chiaro ormai che fino alle elezioni americane non succederà nulla ed è altamente probabile che non sarà fissata neanche una data per il quindicesimo round prima del verdetto presidenziale americano. Gli interessi in gioco restano però molto elevati e l’Italia gioca la sua partita più importante nell’alimentare. Federalimentare è da sempre favorevole alla firma del trattato, sulla scia del crescente ruolo degli Usa nelle nostre esportazioni di food & beverage, anche se chiede regole condivise. Scettici o contrari tutti coloro che vedono minacciate le specificità delle nostre produzioni (Igp e Dop molto difficilmente saranno riconosciute ufficialmente negli Usa) così come chi prevede un abbassamento del livello dei controlli nel cibo importato dagli Stati Uniti o l’invasione della carne americana, adesso sottoposta a limitazioni nella quantità, oltre che alla qualità (niente ormoni, ad esempio).
RISCHIA ANCHE L’ACCORDO COL CANADA Con l’incrinarsi delle contrattazioni sul Ttip potrebbe diventare più difficile approvare il Ceta, l’accordo di libero scambio con il Canada ritenuto molto vantaggioso per le nostre aziende alimentari e costato sei anni di contrattazioni, ma che dovrà essere approvato da tutti e 28 gli stati membri, in base a una decisione della stessa Commissione.