I consumi stagnanti sono una delle conseguenze più evidenti della crisi economico-finanziaria che si trascina dal 2007. Un’analisi condivisa sia da Centromarca sia da Federdistribuzione che insistono sulla necessità di offrire un sostegno concreto a famiglie e ceto medio. Approfittando della Legge di Stabilità in via di stesura da parte del governo.
LEGGE DI STABILITA’ – “In più occasioni – rileva Bordoni, presidente di Centromarca – abbiamo avuto dal governo conferma che nella prossima legge di Stabilità saranno disinnescati gli aumenti Iva legati alle clausole di salvaguardia. E’ un fatto positivo ma nella situazione attuale questo non basta: dall’esecutivo ci aspettiamo iniziative che creino un contesto ambientale più favorevole alle imprese e agli investimenti, con effetti positivi sull’innovazione, l’occupazione, i consumi e l’economia del Paese”. Bordoni afferma inoltre l’esigenza di favorire la concorrenza a tutti i livelli: “Il Paese non può più permettersi il lusso di avere segmenti dell’economia pubblica e privata che operano in condizioni protette, agendo sulle loro tariffe in un regime di non concorrenza e accaparrandosi così porzioni consistenti del reddito che le famiglie potrebbero destinare ai consumi”. Congiuntura e andamento della domanda saranno tra i temi affrontati nel corso della XXV edizione degli “Incontri dell’Industria di Marca con la Moderna Distribuzione” promossi da Centromarca, in programma il 28 e 29 settembre. All’appuntamento, riservato alle sole industrie associate, prenderanno parte oltre 600 manager e i vertici delle più importanti catene distributive.
L’INDUSTRIA DI MARCA – “I mercati scontano il clima complessivo di forte incertezza, che incide sulla fiducia delle famiglie, già penalizzate dalla riduzione del loro potere d’acquisto. Nel primo semestre 2016 – prosegue Bordoni – l’Industria di Marca ha manifestato una tenuta complessiva delle vendite e detiene la quota di mercato più elevata in Europa. Inoltre, il 61% delle aziende – secondo le nostre rilevazioni – evidenzia previsioni di crescita tra giugno 2016 e giugno 2017. Ma la dinamica si svolge in un contesto deflativo e le tensioni sui prezzi sono tali da penalizzare la marginalità, con effetti negativi sugli impieghi in innovazione, ricerca, comunicazione. Senza queste risorse, è arduo mantenere un flusso continuo ed adeguato di investimenti, uniche leve per creare uno sviluppo e una crescita sostenibili nel tempo”.
L’ANALISI DI FEDERDISTRIBUZIONE – Anche l’analisi di Federdistribuzione parte dai dati Istat sul commercio al dettaglio relativi al mese di luglio (-0,2% rispetto a luglio 2015) nelle vendite a valore, con l’alimentare a +0,5% e il non alimentare a -0,6%. Dall’inizio dell’anno le vendite complessivamente segnano un +0,2% a valore nel confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente, ma -0,2% in volume. “Anche a luglio le vendite al dettaglio presentano un segno meno, sia a valore (-0,2%) che a volume (-0,8%) e neanche i saldi sono serviti per crescere – commenta Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione. Preoccupante soprattutto il dato a volume, che viene confermato anche nella cifra complessiva dell’anno: -0,2% da gennaio a luglio 2016, che fotografa una situazione nella quale, anche a fronte di prezzi sostanzialmente fermi e di retribuzioni reali in crescita, le quantità acquistate dalle famiglie diminuiscono. Manca la voglia di comprare, prevalgono la preoccupazione e l’attendismo, si aspettano segnali più convincenti e un quadro di prospettive migliori, proprie e del Paese. Una cornice che ricrei stimolo al consumo. Occorre fare tutto il possibile per invertire questa tendenza – prosegue Cobolli Gigli. Dal 2007 ad oggi le vendite al dettaglio per Istat sono diminuite del 6,5% a valore: miliardi di fatturato perso dall’inizio della crisi che hanno avuto un impatto violentissimo sul mondo del commercio e su tutta l’economia nazionale”.
PUNTARE SULLA RIPRESA DEGLI INVESTIMENTI – Per questo il presidente di Federdistribuzione nota che “la prossima legge di Bilancio sarà prevalentemente centrata sugli incentivi all’offerta, puntando sulla ripresa degli investimenti pubblici e privati, per ritrovare efficienza, produttività e competitività del nostro sistema industriale. Il lato della domanda non deve tuttavia essere trascurato. I consumi delle famiglie sono responsabili del 60% del PIL e se non si trovano le leve giuste per rimetterli velocemente in moto, saremo condannati a una crescita lenta e faticosa. Serve un piano industriale per il rilancio dei consumi, articolato con interventi che agiscano sulle sacche di povertà presenti nel Paese, aiutino la ripresa della natalità e ridiano certezze e fiducia al ceto medio, la popolazione in grado di riportare in alto i consumi”.