Oscar Farinetti si autodefinisce furbo e onesto insieme. Uno che copia e che gode a copiare. Copiare implica umiltà e richiede la capacità di ascoltare persone che hanno più talento e conoscenza di noi. Soprattutto chi coltiva il dubbio, non ha solo certezze. Pesca dagli altri i valori e le informazioni migliori per poi adattarli alla propria sensibilità, ai propri progetti. Elaborando sempre un’analisi approfondita e costruendo poi un percorso per raggiungere i suoi obiettivi. Ha una vision a medio e lungo termine. E dopo ogni riunione sa fare sintesi, per focalizzarsi su pochi concetti importanti. Biodiversità e sostenibilità ambientale possono andare insieme ed essere il business del futuro, generando tanti nuovi posti di lavoro e salvare il mondo. Questo è il pensiero filosofico di Farinetti. Lui stravede per Leonardo. Ama il genio che è stato in grado di spaziare su più arti e mestieri, grazie al suo talento, alle sue enormi capacità.
Il progetto Fico
Possiamo considerare Oscar un Leonardo dei nostri giorni? Dopo aver fatto decollare Unieuro ed Eataly, ha generato 6000 nuovi posti di lavoro in pochi anni. Oggi si diverte a scrivere libri e a studiare nuovi progetti. Come Fico. Che cos’è? Il posto più grande al mondo dove scoprire cosa sia davvero il cibo, dove il cibo si racconta, si vede, si sperimenta e si assaggia. Sarà inaugurato il prossimo 4 ottobre a Bologna. Oscar, da eterno ottimista qual è, stima che avrà 6 milioni di visitatori, metà italiani e metà stranieri, soprattutto bambini. Chi lo conosce bene, sa che Farinetti è un grande. Uno che potrebbe “vendere il ghiaccio agli eschimesi”. Un mercante, come lui stesso ama definirsi. Prima di idee e di concetti, poi di prodotti e di servizi. Con una mente, come quella di Leonardo, che non sta mai ferma, che è sempre in movimento alla ricerca di qualcosa di nuovo. Sta già pensando al prossimo progetto: Green Pea. Sarà un superstore della sostenibilità, una specie di Ikea solidale dove si venderanno biciclette e auto elettriche, abbigliamento realizzato con tessuti biologici, cosmetici, giocattoli, arredi e complementi bio senza collanti, provenienti da materiali riciclati per non gravare sull’ambiente. Con una palestra, un ristorante e una spa. Insomma beni durevoli integrati con i servizi.
Ricordiamoci il futuro
Il suo ultimo libro ‘Ricordiamoci il futuro’ pubblicato da Feltrinelli è molto interessante. Un viaggio nel passato e nel futuro. Lo fa attraverso otto racconti in cui i personaggi, appartenenti a epoche diverse, dialogano sulla scoperta del fuoco, dell’agricoltura, raccontano la storia del vino, dell’olio, della birra e della pesca. Per promuovere la vendita del suo libro, Farinetti è andato venerdì 9 giugno a Fiorenzuola, invitato da Confagricoltura, a tenere una conferenza. Qui ha cenato con Gianantonio Locatelli, un imprenditore che ha 900 ettari coltivati e un allevamento di 3500 vacche che producono 600 quintali di latte al giorno e 1500 quintali di sterco. Oscar sai che cosa ho aperto a Gragnano? – gli ha chiesto a cena – Il primo Museo della Merda. The Shit Museum. Non sapevo come smaltirla. Mi sono chiesto: come rispettare la natura e nel contempo essere sostenibile dal punto di vista economico? Oggi la grande quantità di merda prodotta la trasformo. Attraverso il biogas e un sistema di cogestione ricavo energia elettrica verde, calore per il riscaldamento delle case, concime organico secco e liquido. Poi cristallizzo la merda cotta per realizzare oggetti che possono entrare in contatto con cibi e bevande, come ogni oggetto in terracotta o porcellana. Produciamo oggetti d’arredo e complementi. Anche mattoni e piastrelle. Vengono da tutto il mondo per vedere quello che ho fatto con la merda. Anche il prestigioso T Magazine del New York Times ha scritto un articolo. Farinetti, che nessuno batte in fatto di lungimiranza, ha colto subito la genialità dell’imprenditore e intuito che poteva diventare un nuovo fornitore e sponsor per Green Pea: Gianantonio quando posso venire a visitare il tuo Museo e a vedere i prodotti?
Paolo Dalcò