E’ il quarantaquattrenne Alexandre Bompart il nuovo amministratore delegato del gruppo francese Carrefour, uno dei maggiori retailer mondiali ben presente anche in Italia. Prende il posto di Georges Plassat, 68 anni, che lascia la carica con un anno di anticipo sulla scadenza del suo mandato. Plassat era entrato in carica nel 2012 succedendo a Lars Olofsson, il capo azienda che portava con sé due novità di rottura per la nota catena: non era francese e non veniva dalla grande distribuzione, ma bensì dall’industria (Nestlè, per la precisione). Una duplice scelta dalla quale gli azionisti della società erano poi tornati indietro scegliendo Plassat, cui si deve una ristrutturazione del business che ha rimesso in carreggiata la società.
Arriva in Carrefour dopo il «miracolo» Fnac
Adesso è il turno di Bompart, reduce anch’egli da un’operazione che ha quasi del miracoloso: salvare la storica insegna Fnac (gruppo Kering) dalla rivoluzione dell’ecommerce che ha picchiato duro sulla catena di distribuzione di prodotti culturali e multimediali, che si è trovata a dover fronteggiare il peggior nemico di sempre: Amazon. Fnac, che ha acquisito Darty, è entrata nell’ecommerce con convinzione, è infine sbarcata in borsa triplicando il suo valore dal 2013 ad oggi (nello stesso periodo le azioni Carrefour sono rimaste pressoché ferme). Segnale di forte apprezzamento del mercato per questa storia di risanamento che ha convinto anche i tre grandi soci di Carrefour – la famiglia Moulin delle Galeries Lafayette, Bernard Arnault di Lvmh e il brasiliano Abilio dos Santos Diniz – ad affidare a lui la gestione del gigante francese della grande distribuzione, per affrontare quella che si annuncia – ma si vedrà se è così – più una rivoluzione che non un’evoluzione della catena della gdo. E non a caso la scelta è caduta su un quarantenne, che prende la guida del gruppo proprio mentre un altro coetaneo – Emmanuel Macron – prende quella dell’Eliseo e anche da lui ci si attende una forte discontinuità. I due piani sono ovviamente differenti, ma ognuno dei due ha la sua sfida ben chiara davanti.
Francia e Cina le aree di debolezza
Bonpart trova davanti a sé un gruppo che ha chiuso il 2016 con ricavi in leggero calo (-0,4%), con un fatturato netto consolidato di 76,6 miliardi di euro. A cambi costanti la crescita sarebbe stata del 2,7 per cento, ma le valute sono una variabile di cui non si può non tenere conto quando si opera a livello internazionale. Le aree di maggiore criticità sono la Francia, dove la concorrenza ammazza ogni velleità di crescita e gli ipermercati continuano nella loro lenta agonia, e la Cina, mercato da ristrutturare. In Europa la Spagna e i Paesi dell’Est sono i mercati che danno le migliori soddisfazioni, mentre l’Italia si trova nella situazione francese, a causa anche della debolezza della domanda interna. Il Sud America, in particolar modo il Brasile nonostante la grave crisi che attraversa il Paese, sono le aree di crescita più solida.
Spinta sull’evoluzione o rivoluzione?
Cosa chiederanno i soci a Bompart? Bisognerà attendere i fatidici primi 100 giorni di mandato per comprendere qualcosa di più: le strade che potrà intraprendere sono però sostanzialmente due. La prima è quella di dare nuovo impulso all’azione di rilancio dell’attività già intrapresa da Plassat, spostando magari più risorse sul canale online, dove potrebbero confluire una buona fetta di vendite di non food soprattutto (ora il gruppo è concentrato sul food online), e trovare una soluzione sostenibile per gli ipermercati, sempre in difficoltà a differenza dei negozi di prossimità, che vivono un momento positivo, Francia in primis. La seconda è quella di una revisione più drastica della sua presenza, che potrebbe essere possibile solo tagliando interi rami del suo perimetro di gruppo che hanno dimostrato di essere non più sostenibili e redditizi. E’ chiaramente la strada più complessa e di difficile attuazione per un gruppo che fatica anche a trovare la sua unità all’interno della compagine azionaria, nonostante l’unanimità raggiunta sul nome di Bompart. Anche la struttura dei costi dovrà essere rivista: l’organizzazione del gigante francese è considerata troppo pesante e farraginosa in tempi in cui il commercio online richiede agilità. Questo vuol dire, però, che sarà studiato un modello alternativo a quello decentralizzato voluto da Plassat per riavvicinare i negozi della catena ai bisogni dei consumatori locali di ogni nazione? Ancora è presto per capire che cosa succederà anche su questo versante.
L’Italia è ancora un cantiere
Per quanto riguarda l’Italia, la situazione è leggermente migliorata, ma resta sempre insufficiente, nonostante il restyling profondo dei supermercati, diventati più simili a boutique del food in alcuni casi, e le aperture 24 ore su 24 nelle maggiori città, oltre i primi approcci di ecommerce. Qualche mese fa la società ha annunciato la chiusura di due iper con il licenziamento di circa 500 dipendenti, come ultima razio. D’altronde i risultati degli ultimi anni sono stati difficilissimi: solo nel periodo 2011 – 2015, come documenta R&S Mediobanca, il colosso francese ha prodotto perdite in Italia per la bellezza di 2,47 miliardi di euro. Cosa deciderà Bompart? Non resta che aspettare i primi dispacci del nuovo Napoleone della distribuzione francese.