I telespettatori americani che assistono ai programmi più popolari, oppure a eventi mediatici come il Super Bowl e la notte degli Oscar, vengono praticamente inondati di spot pubblicitari riguardanti automobili, bibite gassate, birra e abbigliamento. Solo raramente gli capita di imbattersi nella réclame di una catena d’alimentari e, comunque, molto meno rispetto al passato. Il motivo, ovviamente, è che negli States i big retailer hanno drasticamente diminuito il loro spending per le campagne sul piccolo schermo, preferendo altri canali più economici e, stando a quanto ripetono diversi esperti del settore, probabilmente anche più efficaci.
A chi conviene investire nella tv
Secondo Anand Raghuraman, Leader of Strategy and Customer Practice for Consumer Products and Retail di EY, intervistato da Food Dive, I consumatori si seducono con i capi d’abbigliamento. Lo stesso non può fare il comparto alimentari, a meno che, forse, il distributore non sia in grado di diventare una vera e propria autorità nel fresco o nel congelato, piuttosto che nel biologico o in altre categorie.
I fedeli del piccolo schermo
E, non a caso, tra le insegne che continuano a puntare sulla tv c’è Whole Foods, presto ancora on air con nuovi spot dedicati al mangiar sano e alla sua offerta di cibo fresco. Lo scorso autunno anche Aldi si è affidata a una fitta campagna televisiva per promuovere i suoi prodotti in private label, confrontandoli nei prezzi con gli omologhi di marca. C’è poi chi, come l’insegna texana H-E-B, è presente da diversi anni sulle emittenti locali, e può vantare anche una sorta di legame affettivo con i clienti telespettatori, suscitando curiosità e interesse attraverso delle vere e proprie miniserie.
Benefici inferiori ai costi
Eccezioni a parte, tuttavia, per gli analisti la tendenza generale a diminuire l’investimento televisivo da parte dei rivenditori dipende essenzialmente dalla valutazione dei costi e dei benefici. Insomma, il ritorno d’immagine non ripagherebbe la spesa sostenuta, spingendo quindi i player verso altre soluzioni, come del resto avviene sempre più spesso anche nel vecchio continente. L’alternativa principale, naturalmente, è ovunque quella dei social media.
Edeka fa discutere
In Europa, intanto, tra retailer più attivi nell’advertising televisivo c’è di diritto Edeka. La catena tedesca, che continua a destinare buona parte del proprio budget pubblicitario al piccolo schermo, è puntualmente protagonista di campagne adv che fanno poi discutere non poco il pubblico dei telespettatori. Se lo scorso anno è incappata in feroci polemiche addirittura per un presunto rimando alla simbologia nazista all’interno di un suo spot, accusa poi smentita con fermezza, a Natale invece ha messo in scena la commovente storia di un anziano che si finge morto per riunire figli e nipoti. L’ultima trovata di successo invece è ‘Eatkarus’, una video-favola dedicata alla lotta all’obesità, diventata poi subito virale anche sul web.