Gli Stati Uniti, escludendo l’Italia, sono il primo mercato per illycaffè. Un business avviato oltre trent’anni fa e che si è gradualmente consolidato. Molte le iniziative e le nuove aperture di caffetterie a marchio, tra cui si segnalano le due recenti inaugurate nel cuore di San Francisco. Inoltre, grazie all’accordo siglato un anno fa con la compagnia aerea americana United Airlines – che prevede che i passeggeri a bordo possano gustare in esclusiva caffè Illy – la notorietà del brand triestino ha ulteriormente spiccato il volo agli occhi dei coffee lover americani. Come ricordato in una recente intervista da Andrea Illy, a questo proposito l’azienda può contare su un bacino di circa 100 milioni di clienti che si accomodano in aereo o che si rilassano nelle lounge della compagnia americana. Normale quindi che i proclami minacciosi relativi a politiche protezionistiche evocati da Donald Trump in campagna elettorale e poi ribaditi all’indomani della sua elezione siano apparsi indigesti ai responsabili dell’azienda triestina, giustamente intimoriti dai danni economici di eventuali ulteriori dazi applicati al loro caffè. Ne abbiamo parlato con Massimiliano Pogliani, da poco più di un anno amministratore delegato di illycaffè e la cui nomina è rientrata all’interno del piano di riassetto manageriale voluto dall’azienda. Alla precisa domanda se sia o meno davvero preoccupato dal protezionismo sbandierato dal presidente degli Usa, Pogliani ha risposto in maniera serafica: Ogni forma di protezionismo ovviamente spaventa l’impresa che fa dell’export una delle sue maggiori fonti di guadagno. Bisogna ora vedere se alle parole seguiranno i fatti. Diciamo in ogni caso che il consumatore americano è abituato da tempo a consumare alcuni prodotti stranieri, tra cui il nostro caffè, e sicuramente non reagirà bene se qualcuno intende privarlo di questo piacere.
Le contromosse
Nervi saldi, dunque, in casa Illy. Le operazioni negli Stati Uniti devono proseguire normalmente. Se poi malauguratamente l’amministrazione Trump dovesse approvare leggi limitanti per l’export, allora si reagirà di conseguenza, prendendo decisioni risolute, come quella di avviare una propria produzione di caffè direttamente sul territorio statunitense. Premesso che la ricchezza del nostro prodotto è e sarà sempre italiana, se gli Stati Uniti decidessero di applicare dazi troppo pesanti sulle esportazioni, non è da escludere un’eventuale produzione di caffè a livello locale – dichiara in merito Pogliani. Per il momento ci limitiamo a osservare l’evoluzione degli avvenimenti. A mali estremi quindi…estremi rimedi. La palla è ora nelle mani di Trump che dovrà far capire se fa davvero sul serio o se ha alzato la voce solo per accaparrarsi voti senza poi dare seguito alle sue promesse.