Dopo cinque anni scanditi dal segno “meno”, nel primo semestre 2017 la spesa degli italiani per i consumi alimentari torna a crescere. Si tratta di un incremento del +2,5% derivante sia dai prodotti confezionati (+3,2%), sia dai freschi (+1,1%). Il segno positivo testimonia un processo in atto di uscita dalla crisi che ha portato gli italiani, nel corso di questi anni, a rivedere e riorganizzare il proprio carrello della spesa, non solo quello alimentare. L’espansione della produzione che coinvolge sempre più settori produttivi, l’export e l’import che crescono con vigore e l’aumentata fiducia da parte di consumatori e imprese sono solo alcuni dei segnali che indicano la ripresa.
La ripresa dei consumi alimentari
Dal report di Ismea si evince che, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, la spesa è stata superiore mediamente per tutte le categorie merceologiche, salvo alcune eccezioni dei prodotti della filiera lattiero casearia. Restano stabili, invece, gli esborsi per i derivati dei cereali e per gli olii e grassi vegetali. Tornando agli aumenti, le vendite di prodotti ittici hanno segnato un +7,4% per i prodotti freschi e del +4,2% per i prodotti trasformati; le bevande crescono del +4,5% (successo da ascriversi in buona parte al segmento delle birre, che superano l’8%); bene anche i salumi (+3,2%) e le carni suine fresche (+1,2%). In ascesa anche la spesa per frutta fresca (+5,8%) e ortaggi freschi (+5,5%), un dato quest’ultimo che mette fine al lungo trend di contrazione dei consumi di frutta e verdura che ha caratterizzato il mercato italiano negli ultimi anni.
Il calo del latte
I consumi alimentari della filiera lattiero casearia, invece, sono in flessione. Il comparto, che ha visto un generalizzato aumento dei prezzi medi di vendita, continua a scontare il calo di consumo di latte. Per fortuna, però, a risollevarne le sorti c’è la buona performance dell’export, in grado di compensare il momento poco felice in ambito nazionale. In questo segmento a veder scendere la spesa sono quasi tutte le referenze: dal latte fresco (-4%) allo yogurt tradizionale (-3%), fino al calo della spesa dei formaggi molli, duri e semiduri, in decrescita tra l’1% e il 2%.