Il retail italiano è in buona salute e continua a crescere. L’apertura della due giorni del Retail Summit 2017 a Stresa – seconda edizione, organizzata da Confimprese ed EY insieme al Gruppo editoriale Food – è stata l’occasione per riflettere sui dati del commercio italiano e sulle sue prospettive di crescita, che appaiono confortanti. Dall’Osservatorio Confimprese arrivano i numeri più significativi: complici la risalita del Pil e l’aumento dei livelli occupazionali, nell’ultimo quadrimestre di quest’anno i retailer italiani aprono oltre 500 nuovi negozi con una ricaduta occupazionale di più di 4mila nuove assunzioni. E per il 2018 si prevedono almeno altri 2mila nuovi punti vendita e 20mila nuovi posti di lavoro. Le nostre catene, i nostri marchi e il nostro sistema di franchising si sono rafforzati – sottolinea Mario Resca, Presidente di Confimprese. Nel 2017 le aperture all’estero dovrebbero toccare i 230 negozi: 100 dei quali solo da settembre a dicembre. Una crescita del 20% annuo, con moda e food come categorie trainanti con uguale numero di aperture: 130 punti vendita.
Il food crea più lavoro
Il food si aggiudica la pole per la creazione di nuovi posti di lavoro, 1.888. Un gap numerico dovuto alla maggiore esigenza da parte delle insegne food/ristorazione di personale all’interno dei locali. Da segnalare la crescita costante dello street food, che incontra le mutate esigenze di consumo degli italiani. Se il 2016 è stato l’anno record del cibo da strada con una crescita del 13% e 2.271 imprese attive, gli operatori stimano che il 2017 sia l’anno del consolidamento. Tra i motivi che alimentano la tendenza ci sono al primo posto praticità e velocità (32%), seguiti dal gusto ricco e l’ampia offerta di pietanze (23%), mentre una larga parte di consumatori ne sottolinea l’economicità (19%). Non da meno la base Confimprese: 20 punti vendita sono in arrivo nel periodo settembre-dicembre, mentre negli 8 mesi precedenti le aperture sono state una quarantina.
La sfida dell’online
Secondo i risultati dello studio EY Retail Intelligence 2017, pur con alti tassi di crescita l’online al momento è caratterizzato da costi due volte superiori rispetto al canale fisico. Infatti, i retailer italiani che investono nell’online faticano ancora a generare ricavi. Ciononostante i nostri nuovi retailer – afferma Donato Iacovone, Amministratore delegato di EY in Italia – sono pronti a scommettere sul 4.0 e a rivolgersi, per crescere, anche a forme di finanziamento alternativo come quotazione o private equity: un cambio epocale. Questo benché, nonostante ne riconoscano l’importanza, 8 retailer su 10 ad oggi non considerino il digitale come una strategia per aumentare le vendite. L’online deve tuttavia essere considerato come un’estensione digitale della vetrina, alla stregua di un flagship store. Il 90% degli acquisti viene ancora effettuato nei punti vendita tradizionali, mentre il 60% dei consumatori (contro l’83% negli USA e il 90% in Gran Bretagna) dichiara di controllare online i prodotti d’interesse prima di recarsi nel punto vendita. Il canale online dovrebbe quindi consentire di trasformare le visite digitali in visite fisiche, che in Italia segnano un -4,7% con picchi del -6,2% nei centri commerciali. Numeri da cui ripartire per affrontare le sfide del futuro.