Il successo dei programmi televisivi dedicati ai foodies potrebbe trarre facilmente in inganno. Così come l’enorme proliferazione dei blog e delle pagine web che trattano di ricette, piatti gourmet e preparazioni domestiche. Quasi un americano su due, infatti, detesta letteralmente cucinare e, all’eventualità di trascorrere tempo ai fornelli, preferisce ordinare pasti già pronti, oppure mangiare in ristoranti, bar e fast-food. Per loro, persino preparare i cereali a colazione rappresenta un fastidio, evitabile magari fermandosi da Starbucks o da Taco Bell. E poco importa se tutto ciò comporta un notevole aggravio sul bilancio familiare. Una tendenza, quella della repulsione al cooking, che probabilmente ha assunto dimensioni ben superiori rispetto a quanto le aziende e i distributori considerano nelle loro strategie. Lo evidenzia una ricerca pubblicata pochi giorni fa da Harvard Business Review, subito ripresa dai maggiori media statunitensi.
I numeri dello studio
Secondo Eddie Yoon, noto analista e autore della pubblicazione, solo il 10% degli americani ama cucinare, mentre il restante 90% si divide in parti uguali tra chi è tiepido all’idea e chi, invece, odia completamente il fai da te. Appena 15 anni fa, tuttavia, la quota degli appassionati di cucina era superiore di almeno un terzo. Non a caso, sottolinea lo studio, dal 2009 le prime 25 aziende del food&beverage hanno perso ben 18 miliardi di dollari in market share.
Il fai da te diventerà una nicchia
Insomma, per i produttori di generi alimentari adesso ci sarebbe una sola strategia praticabile. Quella di puntare sui piatti pronti e, nel contempo, eliminare dai loro portafogli tante categorie di prodotti freschi destinate inevitabilmente al declino. Anche se tanti non se ne rendono ancora conto – commenta Eddie Yoon – lo shopping alimentare e la cucina sono avviati entrambi verso una decadenza nel lungo termine. Stanno passando, infatti, da una fenomeno di massa, basato su un’attività quotidiana, a un interesse di nicchia, a cui poche persone dedicano una parte limitata del loro tempo.
I driver del futuro
Secondo questa teoria, dunque, anche i retailer dovrebbero ridurre considerevolmente l’offerta nei loro store e, magari, affidarsi di più ai grocerant. Proprio come Kroger, che recentemente ha lanciato il suo primo format di ristorazione in-store, oppure come Whole Foods, già da tempo attivo nel canale. Per le aziende, invece, sarebbe più previdente investire sul contenuto di servizio, il packaging e i nuovi metodi di conservazione del cibo a lunga scadenza.
Aumentano i consumi fuori casa
Intanto, l’ultimo report di Consumer Expenditures evidenzia che, dal 2013 al 2016, la spesa degli americani per i pasti fuori casa è aumentata del 20%, raggiungendo i 3.154 dollari all’anno. Nello stesso periodo, il budget dedicato ai prodotti alimentari da consumare in casa è salito solo del 2%, attestandosi a 4.049 dollari.