L’opinione comune vuole che il caffè sia un valido aiuto per il nostro benessere, oltre che un piacere per il palato. Ma i suoi “effetti benefici” sono presunti o effettivi? La nuova ricerca “Acute doses of caffeine shift nervous system cell expression profiles toward promotion of neuronal projection growth”, pubblicata a settembre su Scientific Report, ha analizzato l’effetto della caffeina sui neuroni (con dosi comparabili alle normali abitudini di consumo) e fatto chiarezza in merito. In particolare, lo studio ha evidenziato che la caffeina promuove le connessioni neuronali, fornendo ulteriori informazioni sul meccanismo d’azione della sostanza sulla memoria e sulla cognizione.
La forza della caffeina
La ricerca rappresenta un’esplorazione dei processi cellulari che possono aiutare a spiegare i molteplici effetti fisiologici della caffeina, fra cui l’aumento della vigilanza e la capacità potenziale di ridurre il rischio di malattie neurodegenerative. La caffeina nel caffè è una delle sostanze psicoattive più diffuse al mondo, ma sappiamo relativamente poco su come influisce sui neuroni e sulle loro funzioni cellulari – ha dichiarato il professor Juha Kere dell’Istituto svedese Karolinska –. Saperne di più su come influenza il nostro organismo, potrebbe aiutare a spiegare perché il caffè e la caffeina sembrano ridurre il rischio di alcune malattie e migliorare la memoria e la cognizione. Il caffè, un rito che scandisce le giornate di milioni d’italiani tanto da muovere circa 1,2 miliardi di euro nei canali Gdo e discount, potrebbe dunque essere un reale alleato nella ricerca del benessere.
Lo studio sul caffè
In particolare, il team di ricercatori provenienti da Svezia, Finlandia, Regno Unito e Giappone che ha condotto lo studio ha analizzato la perturbazione dei cambiamenti di espressione genica causata dalla caffeina in un modello di cellule neuronali umane. I ricercatori hanno stimolato i neuroni con livelli di consumo normali di caffeina (3 μM e 10 μM) per periodi di 1, 3 e 9 ore. L’esperimento ha rivelato che la caffeina ha incrementato alcuni processi neuronali detti “upregulation” e ne ha ridotti altri (“downregulation”). I primi sono dei processi che incrementano il segnale a una cellula, i secondi lo riducono. La caffeina, dunque, ridurrebbe i processi del sistema immunitario e potenzierebbe i processi di sviluppo della proiezione neuronale, che sono legati alla memoria e ad altre connettività neuronali. La nostra ricerca – continua il Professor Kere – dimostra che l’inibizione della connettività neuronale è ridotta dal normale livello di caffeina, per livelli simili a quello che potreste bere in un giorno. Questo potrebbe aiutare a comprendere in parte perché è stato ipotizzato che il caffè possa migliorare la memoria e proteggere contro la perdita della stessa negli anziani.