Quando si scrive di Bernardo Caprotti bisogna sempre stare attenti a non scadere nell’agiografia. Un rischio da evitare anche perché il personaggio, per quanto geniale, aveva un carattere a dir poco forte, non privo di qualche asprezza. Detto questo, Caprotti è stato indubbiamente un grandissimo imprenditore, non solo perché ha creato da zero un’azienda – la catena di supermercati Esselunga – da 7,5 miliardi di euro di fatturato, ma perché ne ha fatto un modello a livello internazionale sotto vari punti di vista, compreso il rapporto con i propri clienti. Che talora sembrerebbe più corretto definire fan, tanto forte è il legame con l’insegna. Come dimostra il bilancio finale della Supermostra realizzata a Milano in occasione dei 60 anni della fondazione della catena. Aperta al pubblico dal 29 novembre al 7 gennaio, in 38 giorni a visitarla sono state oltre 67mila persone. Una mostra gratuita, come è normale che fosse, ma – a parere di chi scrive – ben ideata, con la giusta dose di spettacolo, giocando in maniera intelligente e garbata sulle note vintage del ‘come eravamo’, assegnando quindi ancora una volta al cliente – e non all’insegna – il ruolo di vero protagonista. E raccontando inoltre piccole curiosità sull’azienda e sul suo fondatore.
Le regole per ‘battezzare’ gli automezzi
Qui veniamo nuovamente a Bernardo Caprotti, che al talento abbinava una determinazione altrettanto straordinaria. Nessun aspetto della vita aziendale doveva parergli tanto marginale da non meritare attenzione. Un esempio? Tra i ‘reperti’ in mostra a Milano c’era un appunto datato 25 gennaio 1968, in cui il Dottore – il titolo con cui Caprotti veniva chiamato da tutti in azienda e che ancora oggi è usato in Esselunga per riferirsi a lui – dettava le regole per assegnare i nomi agli automezzi utilizzati per il trasporto delle merci. Ecco il testo nella sua interezza:
A tutti gli interessati
Nomi camions
In base all’esperienza fatta, stabiliamo che:
a – continuiamo, come indirizzo generale, con i nomi di battaglie. Da questi però escludiamo a priori nomi che indichino disfatte, non battaglie, vedi Caporetto, la Beresina, etc., o misfatti, vedi Hiroshima, Pearl Harbor, etc. E anche altri che suonino troppo cruenti, vedi Monte Cassino, Sedan, etc.
Ai nomi di battaglie affianchiamo nomi di personaggi, spiriti liberi possibilmente. A Firenze questo non è un problema. Da Galileo Galilei al Magnifico (nomi da 682, mi raccomando), la scelta è ampia. Inoltre, figure locali e un po’ di vernacolo.
b – i nomi degli automezzi non debbono essere ripetuti, in quanto ciò può generare confusione
c – i nomi scelti, particolarmente per i 682 debbono essere lunghi e suonare bene. Se sono corti, possiamo allungarli con l’articolo oppure con la data (Zama – 202 a. C.).
I nomi brevi talvolta sono belli, però solo se sono veramente brevi, definitivi. Vedi el Cid, os bus, il Sinai
d – i nomi dei 682 sono nomi seri. Gli scherzi teniamoli per mezzi piccoli. Per converso non sprechiamo nomi altisonanti (Trafalgar – errore compiuto a Firenze come a Milano –, le Termopili, Saratoga) per i tigrotti. Spreco a parte suona anche un po’ ridicolo.
La passione di una vita
La nota era seguita da un elenco di nomi di autocarri Fiat 682 (ne citiamo alcuni: il Metauro, Salamina – 480 a. C., le Termopili, Zama – 202 a. C., Maratona, il Piave, Midway, Austerlitz – 1805, Tsushima – 1905, El Alamein, Guadalajara, tiremm innanz, Martin Lutero) e Tigrotti (per esempio el Cid, Tagliamento, Regina Giovanna, Regina Teodolinda, go – go – go, gamba de legn) in uso a Milano. La storia era una passione di Bernardo Caprotti, così come l’architettura – in esposizione alla Supermostra c’erano vari messaggi autografi indirizzati a famosi architetti che hanno progettato punti vendita della catena – e l’arte. Ma la passione più grande era indubbiamente Esselunga e i risultati di questa dedizione totale oggi sono sotto gli occhi di tutti.