In ballo c’è un giro d’affari che supera i 4 miliardi di euro e rappresenta circa il 10% dell’export agroalimentare italiano nel mondo. Oltre ovviamente agli investimenti portati avanti da tante aziende tricolore e agli accordi strategici con i big della distribuzione a stelle e strisce. Ma probabilmente, a rischio è anche l’agognato traguardo di raggiungere quota 50 miliardi di euro di esportazioni a livello globale entro il 2020, nonostante i recenti passi avanti compiuti per esempio con il Ceta e l’accordo di partenariato economico Ue-Giappone. I timori legati alle possibili misure protezionistiche paventate dal governo americano allarmano non poco i player del Belpaese. Per tutti, del resto, c’è la consapevolezza che i dazi, a prescindere dalla loro entità, costituirebbero un colpo durissimo al business Oltreoceano. L’offerta made in Italy, già posizionata nella fascia alta di prezzo, dovrebbe fare i conti con rincari difficilmente tollerabili dal mercato. Uno scenario che, secondo tanti operatori, favorirebbe inevitabilmente la proliferazione dell’italian sounding.
I prodotti più esposti
Se la morsa di Trump si estenderà oltre l’acciaio, coinvolgendo anche l’agroalimentare, l’elenco dei nostri prodotti più danneggiati sarebbe facilmente compilabile. La prima voce dell’export verso gli Usa è il vino, con un fatturato pari a 1,3 miliardi di euro. Formaggi e latticini valgono invece 289 milioni, la pasta 244 milioni, i prodotti dolciari 198 milioni e l’ortofrutta trasformata 196 milioni.
I costi dell’embargo russo
Dall’inizio dell’embargo russo il made in Italy ha perso introiti per circa 10 miliardi di euro, rinunciando a un mercato che nei cinque anni precedenti al blocco era cresciuto del 112% a valore. Una dinamica che, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe adesso riproporsi con formule diverse, ma risultati probabilmente simili.
Lo spettro delle sanzioni a rotazione
In realtà gli Stati Uniti lamentano, ormai da 20 anni, l’infrazione di un’intesa per l’esportazione di carne di manzo statunitense nel mercato dell’Unione europea. L’Organizzazione Mondiale del Commercio, dunque, acconsentirebbe all’introduzione di dazi al 100% sui prodotti europei, limitati però a una quota di importazioni pari a 116 milioni di euro, cioè la cifra corrispondente alla mancata importazione di manzo americano. Washington, tuttavia, potrebbe raggirare questa norma applicando un sistema di sanzioni a rotazione, finalizzate cioè a colpire categorie differenti di merci.
La contromossa dell’Ue
Intanto, come ritorsione ai dazi di Trump sull’acciaio, l’Unione Europea si prepara a incrementare i dazi su 950 milioni di euro di importazioni agroalimentari dagli Stati Uniti, pari a circa un terzo del totale. Nel mirino ci sono alcuni dei prodotti più rappresentativi, a cominciare da fagioli rossi, burro d’arachidi, bourbon whiskey e riso.