Ben sette utenti di internet su dieci lo confondono con i bitcoin. Ma il sistema delle blockchain, o catene a blocchi, benché nato nel settore finanziario si presta a essere applicato in numerosi ambiti diversi. E, fattore principale, in ciascuno di essi promette innovazioni e garanzie senza precedenti. A cominciare dall’industria alimentare, proprio nel momento storico in cui i consumatori sono più sensibili alla trasparenza della filiera. Non poche analisi, del resto, concordano nell’affermare che entro pochi anni questa tecnologia sarà in grado di cambiare l’approccio alla spesa, diventando un must per le catene della grande distribuzione. La pensa evidentemente così anche Carrefour, prima catena europea ad aver avviato l’utilizzo della blockchain, riservandola per il momento alla filiera dei suoi polli Auvergne a marchio. Agli shopper, dunque, basterà scannerizzare l’etichetta con lo smartphone per sapere in tempo reale chi è l’allevatore, quale alimentazione ha ricevuto l’animale, oppure dove e quando è stato abbattuto. Non si tratta però di una mera sperimentazione. Entro la fine di quest’anno, infatti, il rivenditore francese intende implementare la tecnologia in altri sette settori: uova, formaggio, latte, arance, pomodori, salmone e bistecche. D’altronde, allo sviluppo del progetto sarà assegnata una quota importante del budget annuale destinato a ricerca e sviluppo.
Il consorzio americano
Negli Stati Uniti, big retailer come Walmart, Kroger e Wegmans, insieme tra gli altri a produttori del calibro di Nestlé e Unilever, utilizzano questa tecnologia da quasi un anno, riuniti in un consorzio con Ibm. L’obiettivo dichiarato, oltre a migliorare la visibilità della supply chain e la tracciabilità, è quello di aiutare a prevenire le malattie da contaminazione di origine alimentare. Una piaga che ogni anno colpisce ben 48 milioni di americani, causando 128mila ricoveri ospedalieri e 3mila decessi.
Prevenire le contaminazioni
Usando la blockchain, e quindi il suo database distribuito che è insieme accessibile a tutti e immutabile, le aziende alimentari possono risalire rapidamente alle fonti specifiche di focolai. Tutto ciò aumentando notevolmente la sicurezza dei consumatori, nonché limitando le perdite finanziarie. Una questione tutt’altro che secondaria ovviamente anche per le catene distributive, dimostrata dai recenti casi di cronaca, come quello delle uova al Fipronil.
Voci fuori dal coro
La blockchain farà per la tracciabilità del cibo ciò che Internet ha fatto per la comunicazione, ha commentato in toni entusiastici Frank Yiannas, Vice Presidente di Walmart per la Sicurezza e la Salute Alimentare. Non mancano però voci scettiche, che ribadiscono come l’intero meccanismo sia comunque esposto a errori umani o manipolazioni intenzionali, ritenute in grado di compromettere irrimediabilmente i dati.