Quando inizia a parlare di made in Italy è un fiume in piena. Sarà l’orgoglio di guidare un’impresa italiana che vanta 130 anni di storia, sarà l’esperienza maturata all’estero dove è apprezzato e riconosciuto in oltre 70 paesi dei 5 continenti, sarà il piglio appassionato che deve alle origini partenopee, fatto sta che Armando de Nigris, alla guida dell’omonimo acetificio, marchio leader nel comparto dell’aceto e dei condimenti, sta portando avanti con passione una proposta che potrebbe dare una spinta decisiva all’affermazione degli autentici prodotti italiani nel mondo. L’abbiamo incontrato in occasione della 19° edizione di Cibus, alle Fiere di Parma, dove non a caso un suo prodotto, il Mela Madre, è stato selezionato tra i 100 più innovativi tra gli oltre 800 nuovi lanci presentati in fiera. Forte di un gruppo che ha raggiunto 80 milioni di euro di fatturato nel 2017, con una quota del 24% della produzione di aceto balsamico di Modena IGP in Italia e una capacità produttiva di 30 milioni di litri l’anno, De Nigris è di fatto il primo player del mercato nazionale e primo esportatore nazionale nella categoria aceti con una quota del 27% in volume sull intero e port di aceti italiani.
Partiamo da questa edizione di Cibus: che bilancio ne ha fatto?
A due anni dal riconoscimento di Parma come Città gastronomica patrimonio dell’Unesco, questa Fiera rappresenta un tributo al made in Italy: è l’unica che riunisce solo imprese italiane, quindi rappresenta un’opportunità preziosa per valorizzare ulteriormente i nostri brand agli occhi dei buyer internazionali. L’impegno che le imprese come la mia, leader del loro settore, devono prendersi in contesti come questo è quello di esprimere con i loro prodotti il massimo del valore possibile, che si deve tradurre anche in una politica di prezzo che non svilisca il prodotto sullo scaffale.
Un invito a fare meno promozioni?
A salvaguardare il valore. Svalorizzare un prodotto del made in Italy, soprattutto quando si tratta di prodotti tutelati, è come sfregiare il David di Donatello, un ‘reato’.
Meno promozioni e più innovazione?
L’innovazione il miglior modo per riaffermare la qualità che il made in Italy sa esprimere. Un prodotto come il nostro Mela Madre, oltre ad aprire un nuovo segmento di mercato, si presenta sui mercati internazionali come un prodotto assolutamente in linea con i nuovi trend salutistici.
È stato selezionato come uno dei 100 prodotti più innovativi del Cibus…
Devo ringraziare i ricercatori dell’Accademia de Nigris che hanno ‘inventato’ il primo aceto di mele che si può bere diluito in acqua. È un prodotto che unisce le virtù dell’aceto-madre con quelle del puro succo di mele da coltivazione biologica: non filtrato, non pastorizzato, senza glutine, assicura un buon equilibrio glicemico, ma anche il controllo del peso nelle attività fisiche e nelle diete ipocaloriche. Insomma, un vero alleato del nostro benessere quotidiano, una perfetta interpretazione della moderna nutraceutica.
Prodotti come questo sono perfetti per i mercati esteri.
E qui torniamo al punto di partenza. Abbiamo straordinarie eccellenze che esprimono il nostro made in Italy inteso non solo come prodotto, ma come ‘Italian Way’, quel saper fare italiano che non riguarda solo i prodotti tutelati (che affidiamo alla saggia e oculata professionalità dei Consorzi), ma una gamma straordinaria di cibi che vanno meglio promossi e tutelati sui mercati internazionali. È bene ricordare che oggi 50 miliardi di made in Italy ne generano tre volte tanto (150 miliardi) di italian sounding: ogni volta che portiamo un miliardo di nostri prodotti fuori dall’Italia c’è una domanda che ne vale altri tre.
Bisogna sfruttare meglio il nostro potenziale?
Le faccio un unico esempio. Gli USA rappresentano uno dei Paesi di sbocco più interessanti per le esportazioni italiane. Ma lì i prodotti italiani raggiungono solo una quota del 3% sul totale degli acquisti alimentari dei consumatori americani: ho appreso da poco che la Cina ne rappresenta il 4%! Sono amareggiato che il Paese più inquinato del mondo, con una cucina che si limita a mettere insieme quello che compra in giro per il mondo abbia una percentuale maggiore della nostra. Come possiamo gioire per il nostro 3%? Dobbiamo reagire.
In che modo?
Da presidente del Consorzio Tradizione Italiana, ho proposto alla Camera dei Deputati la creazione di un’Authority a tutela del made in Italy che coordini le operazioni e le forze del Ministero dello Sviluppo Economico, dell’Agricoltura e del Turismo insieme a forze quali il nucleo antisofisticazioni dei Carabinieri, l’Ispettorato per le repressioni frodi, i Nuclei antisofisticazioni della Guardia di finanza…L’idea è di lavorare in modo sempre più coordinato e congiunto per la crescita e la difesa del made in Italy come ‘Italian Way’.
Cosa significa difendere l’Italian Way?
Intanto significa prendere atto, come dicevo in precedenza, che l’agroalimentare italiano non si può ridurre ai marchi di tutela gestiti dal baluardo delle DOP e IGP: si tratta comunque di nicchie che da sole non ce la fanno a conquistare i mercati globali. Il made in Italy è in senso più ampio tutto ciò che la nostra artigianalità, le nostre mani, sanno esprimere: mi piace sempre ricordare che quando in Svizzera con un coltellino e un po’ di legno si facevano gli orologi a cucù, in Italia con lo stesso coltellino e un pennello facevamo il Rinascimento fiorentino! C’è una forma di artigianato che persiste nel gene italico, ce l’abbiamo nelle nostre campagne, nei nostri prodotti, nelle nostre cucine. Ma anche nella moda e nell’arredo.
A parte coordinare le attività di Ministeri e Forze dell’Ordine, quali altri ruoli dovrebbe avere l’Authority?
Tutelare l’Italian Way significa anche difenderlo sui mercati globali da misure scellerate come l’etichettatura semaforometrica, che rischia di minare la stabilità di molte imprese italiane: in passato si facevano le guerre delle spezie, adesso ci fanno guerra con i semafori. L’Authority è una risposta a questo genere di attacchi attraverso un maggiore coordinamento delle forze in campo, per sviluppare, tutelare e far conoscere la qualità italiana nel mondo. Operativamente abbiamo proposto, per esempio, di tracciare per legge i prodotti che compongono i menù degli oltre 290mila punti di ristorazione in cui si consuma oltre il 35% del budget alimentare italiano, per scongiurare la somministrazione di similari o preparati surrogati la cui produzione sottrae anche un numero stimato di mila posti di lavoro. Stiamo poi lavorando per chiedere una sempre maggiore trasparenza delle etichette.
Qual è il ruolo dell’ICE in questo quadro?
Insieme alle Ambasciate, l’ICE è uno dei pilastri sui quali deve reggersi questo lavoro di coordinamento.
In che modo il lavoro dell’Authority può favorire sinergie con altri settori fondamentali per il made in Italy come moda e arredamento?
Preciso, con una punta di orgoglio, che la ‘testa di ponte’ del progetto deve essere rappresentata dal comparto food, ma è evidente che la stessa necessità impellente di un’Authority forte ce l’ha il mondo della moda e quello dell’arredo. Tutti sentono la necessità di un ente che, coordinando meglio le attività dei singoli, renda più forte l’intero sistema Paese.
Per chiudere, una nota sul vostro Balsamico Village: anche quello è uno strumento per raccontare un sistema Paese agli stranieri?
Assolutamente sì e la delegazione di buyer che l’ha visitato alla vigilia di questa edizione di Cibus l’ha dimostrato. Parliamo di un parco a tema dedicato all’aceto balsamico IGP per realizzare il quale abbiamo investito 5 milioni di euro: 40mila metri quadri, nella campagna di Carpi, ricavati tra i vigneti di nostra proprietà, dove abbiamo creato uno spazio didattico/produttivo che è nello stesso tempo scuola, museo a cielo aperto, anfiteatro per meeting e spazio ricreativo per famiglie. Per accogliere gli ospiti delle catene estere abbiamo riprodotto una sorta di ‘villaggio italiano’ con tanto di banda del paese che suonava l’inno nazionale, bancarelle che offrivano gourmet street food, riproduzioni di arti e mestieri di un tempo, auto d’epoca in mostra e percorsi tra i vigneti con vecchie moto. Un modo divertente e istruttivo per far respirare agli ospiti l’autentica atmosfera di un villaggio italiano.