In ballo c’è un affare da oltre 11 miliardi di euro che porterà sotto lo stesso tetto il secondo e il terzo player della grande distribuzione britannica; Sainsbury’s e Asda si preparano infatti a una fusione che darà vita al principale colosso nel settore, con una quota di mercato congiunta superiore al 31%, quattro punti in più dell’attuale leader Tesco, impegnato adesso a investire sull’insegna discount Jack’s. Un’operazione che permetterà ai due retailer di unire le forze per contrastare l’ascesa di Aldi e Lidl, nonché l’offensiva di Amazon. Tutto ciò grazie alle dimensioni della nuova società, forte di un fatturato pari a 51 miliardi di sterline, con 2.800 negozi e 330mila dipendenti. Numeri certamente spendibili anche al cospetto dei fornitori, dai quali Mike Coupe, attuale CEO di Sainsbury’s, si aspetta apertamente contratti più vantaggiosi. Economie da reinvestire poi nei prezzi, con tagli medi annunciati di circa il 10%. Ma proprio quest’ultimo passaggio non convince ancora la Competition and Markets Authority inglese, ente a cui spetta l’ultima parola per avallare l’accordo.
UN SECONDO ROUND DI VERIFICHE
Dopo aver completato il primo step delle indagini, infatti, la CMA ha dichiarato di voler procedere a verifiche più approfondite, sottolineando inoltre che gli store dei due rivenditori si sovrappongono in centinaia di località. Con rischio, secondo l’autorità, di costringere poi gli shopper ad affrontare un rincaro dei prezzi, o comunque ad avere un servizio peggiore.
L’OPINIONE DI COSCELLI
Dubbi espressi direttamente anche dal capo dell’Antitrust britannica, l’italiano Andrea Coscelli originario di Parma, che ha dichiarato: “Ogni anno nel Regno Unito vengono spesi circa 190 miliardi di sterline per i generi alimentari. E’ fondamentale quindi scoprire se milioni di persone che fanno acquisti nei supermercati potrebbero rimetterci a causa di questo accordo”.
SAINSBURY’S E ASDA: I POSSIBILI SCENARI
Secondo diversi analisti, il principale problema è nelle circa 300 aree dove i negozi di Sainsbury’s e Asda sono dominanti e distanti dagli altri competitor. Qui la CMA potrebbe decidere di forzare i due player a cedere uno degli store alla concorrenza. Molto dipenderà, come riporta una ricerca di UBS, dall’eventualità che l’autorità riconosca o meno i discount tedeschi come effettivi concorrenti. Nel primo caso il nuovo gigante distributivo dovrebbe cedere dai 28 ai 54 negozi. Nel secondo, invece, il numero degli store sarebbe compreso addirittura tra i 132 e 161, mettendo così seriamente a repentaglio la stessa fusione.