Una sfida la pasta l’ha già vinta. Nel 1998, anno del primo World Pasta Day, nel mondo se ne produceva meno della metà, 6,4 milioni di tonnellate contro le 13,1 milioni del 2010. Ma non solo: nello stesso periodo i Paesi produttori sono passati da 27 a 45 (+66%). E sono ormai 50 (erano 29 solo 13 anni fa, +72%) i Paesi in cui si consuma almeno 1kg di pasta pro-capite all’anno. Amata e apprezzata in tutto il mondo, la pasta è stata e resta dunque un fiore all’occhiello del made in Italy alimentare. Secondo gli ultimi dati Aidepi, snocciolati al World Pasta Day 2011 celebrato a Roma lo scorso 25 ottobre, anche quest’anno l’industria italiana della pastificazione si conferma la prima nel mondo, con 3.247 milioni di tonnellate prodotte. Di queste, oltre la metà (53%) viene destinata ai mercati esteri. Tanto che 1 piatto di pasta su 4 (26%) mangiato nel mondo viene prodotto nel nostro Paese, addirittura 7 su 10 di quelli consumati in Europa. Nella top five dei Paesi destinatari, Germania, Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Giappone vantano quote rispettivamente del 19,3%, 15,3%, 14,4%, 7% e 4,7% a volume. Questi cinque paesi hanno acquistato complessivamente circa il 61% dell’export italiano di paste alimentari (995 milioni di euro). Tra i mercati emergenti, molto promettente il mercato russo, su cui sono state immesse 31.440 tonnellate di pasta (+53,9% rispetto al 2009). Mentre l’export di pasta italiana in Cina registra +61% in 2 anni, in India +36% rispetto al 2009 (+143% negli ultimi 5 anni), ma il trend più sorprendente arriva dall’Arabia Saudita, +135,6% di pasta italiana nell’ultimo anno.L’Italia guida anche la speciale classifica dei consumatori di pasta, con 26 chili pro-capite annui. Il Venezuela, secondo, consuma poco meno della metà, 13 chili a testa, la Tunisia è il terzo consumatore mondiale con 11,9 kg. Negli altri continenti, gli Usa sono al nono posto con 8,8 kg, in Asia Iran (7) e Turchia (6,1) precedono il Giappone (1,7 kg). Menzione speciale di pasta lovers – nella nuova geografia, in continua evoluzione, dei cultori di questo alimento – va a infatti a Svezia, oggi sesto paese consumatore con 9 kg procapite, +63% rispetto al 1998 (era 14ma con 5,5 kg), ma anche alla Germania, dove il consumo di spaghetti e maccheroni è salito da 3,5 kg pro-capite del 1972 ai 5,4 kg del 1997 fino ai 7,9 del 2010. E il trend non accenna a fermarsi, con la produzione di pasta tedesca schizzata nell’ultimo anno a +13%. Dall’Europa all’America, è ancora più rilevante la crescita del pasta business in Latinoamerica dove la produzione continentale in questi fatidici 13 anni è triplicata, passando da poco più di 900mila tonnellate a oltre 3 milioni. .”In un contesto globale estremamente complesso – commenta Paolo Barilla, presidente di Aidepi – la pasta gioca e potrà giocare, anche in futuro, un ruolo da protagonista. Cibo ancestrale, come il pane, ha solide radici che affondano in una civiltà antica ma è al tempo stesso proiettata verso il futuro. Il suo valore si rinnova nella combinazione perfetta tra tradizione e salubrità, da un lato, e modernità e innovazione, dall’altro. Sana perché naturalmente semplice, la pasta è fatta solo di semola e acqua, prodotto fondamentale per un’alimentazione nutrizionalmente equilibrata. Ed è provato come il modello produttivo di questo alimento sia efficiente anche dal punto di vista della gestione delle risorse naturali, e pertanto con un contenuto impatto ambientale. Per tutte queste ragioni, la pasta supera ogni frontiera e merita ulteriore sviluppo, conoscenza e diffusione”.
World Pasta Day: tutti pazzi per la pasta
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