La chiusura di fine anno si preannuncia drammatica. Per i distributori le vendite a parità di superficie diminuiscono, diminuisce il margine, cresce il livello di competizione orizzontale (con gli altri retailer) e verticale (con i fornitori, in primis di grande marca), qualche investimento viene ritardato e ci s’interroga su cosa vuole il consumatore. Le imprese industriali, dal canto loro, stanno facendo lo stesso ragionamento, anche se su piani differenti: le materie prime sono aumentate, l’inflazione ha ripreso a correre, i costi anche, è necessario riposizionare alcuni prodotti, alcuni formati, cambiare le formulazioni e adattare il prezzo. L’aumento dell’iva non ci voleva (un inciso: pensate a cosa ha dovuto fare chi lavora con il catalogo come Ikea, che riporta i prezzi variati di anno in anno). Cosa vuole davvero il consumatore? Già: cosa vuole davvero il consumatore? È pronto a rinunciare alla qualità? È pronto a cambiare le marche con le store brand? È pronto a cambiare il canale dove acquista? È stufo delle promozioni? Probabilmente c’è un po’ tutto questo. Assistiamo in questi ultimi due anni a un aumento dell’inflazione e, contemporaneamente, a continui rincari delle materie prime, a fronte di una sorta di deflazione dei comportamenti d’acquisto.
Se condividete quello che abbiamo appena detto, allora possiamo dire la nostra: serve un nuovo patto fra industria e distribuzione per un nuovo regime di prezzi (diciamo più miti di oggi. Non vi piace il termine ‘miti’? Non c’è problema, trovatene un altro più espressivo) e un nuovo regime di promozioni per salvaguardare vendite e margini. Aspettare che il mercato e il consumo si adeguino in modo autonomo è un errore drammatico.
Per venti – e forse trent’anni – tutto è andato bene: si produceva, si distribuiva con qualche attrito, si consumava. Oggi lo scenario è cambiato radicalmente. Era già cambiato dal 2008, ma oggi il mutamento è davvero ben visibile a occhio nudo. E se il mercato è cambiato non vanno più bene le regole di un tempo, non credete? Le regole si scrivono e si riscrivono, a seconda dello scenario: crediamo si possano generare altre forme di accordo e una nuova collaborazione. Perché di collaborazione, infatti, si deve parlare. Vanno ristrutturati gli assortimenti, regolato il flusso di nuovi prodotti, regolato il calendario promozionale e la sua intensità: il 27% di pressione promozionale media è troppo alto, non credete? La ricerca di convenienza deve per forza di cose essere incanalata. Come si adegueranno gli assortimenti al mutare della ricerca di convenienza, come si amplierà la forbice delle occasioni e delle possibilità di acquisto, come saranno concepiti i nuovi punti di vendita, come risponderà in definitiva il consumatore a questo difficile momento storico? Abbiamo posto altre domande per ribadire il concetto: serve un nuovo quadro collaborativo, un patto duraturo, che riduca la complessità e lo scenario in cui si muovono idm e gda. Contratti su misura per le pmi
Approfondendo il tema del patto e della collaborazione e allargandolo allo scenario di difficoltà attuale, è necessario introdurre il tema dei contratti. Tema spinoso, complesso, diverso da centrale a centrale, da gruppo a gruppo e da azienda a azienda. Talmente diverso al punto che un conto è parlare di multinazionali, un altro conto è parlare di medie e piccole aziende. Forse converrebbe impostare un contratto base per tutti i fornitori, aggiungendo formule ad hoc per le grandi multinazionali e altre formule su misura per le medie e piccole aziende. Perché questo? Per affrontare il tema della sostenibilità del mercato in modo responsabile. O dobbiamo rinunciare al tessuto di medie e piccole aziende che stanno lavorando nel nostro Paese? Politicamente è difficile accettare due diversi tipi di contratto, visto quanto successo negli ultimi venti-trent’anni. Ma, lo ripetiamo, le regole si cambiano e i patti si riscrivono. Vogliamo poi parlare di every day low price? Sì, ma la prossima volta. Luigi Rubinelli
Cambia lo scenario, cambiate le regole
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